AMBIENTE

Reflui domestici? Mettiamo al lavoro batteri e piante!

 

UN POSTO INCANTATO. Il resort Hapimag Pentolina di Chiusdino (Siena) occupa una tenuta medievale posta in cima a un'altura: accoglie ospiti da tutto il mondo interessati alla tradizione e alla cultura della Toscana.
UN POSTO INCANTATO. Il resort Hapimag Pentolina di Chiusdino (Siena) occupa una tenuta medievale posta in cima a un’altura: accoglie ospiti da tutto il mondo interessati alla tradizione e alla cultura della Toscana.

Indicati per numerose tipologie di utenze, gli impianti di fitodepurazione sfruttano la naturale capacità dei microorganismi di scomporre le sostanze inquinanti contenute nelle acque di scarico in composti nutrienti per le piante, che li assorbono attraverso le radici depurando l’acqua.

L’insieme di questi processi fisici, chimici e biologici è estremamente complesso: in generale, questi sistemi si basano sulla replicazione degli habitat acquatici e delle zone umide, idonei alla crescita della flora batterica e della vegetazione che sono le vere protagoniste della depurazione.

Gli impianti di fitodepurazione consentono rese depurative ottimali e costanti, si caratterizzano per la semplicità costruttiva e gestionale, per i ridottissimi costi esercizio e manutenzione, per l’ottimo inserimento paesaggistico e per l’impatto ambientale praticamente nullo.

Tecnica “biologica”

Se siete mai passati a fianco di un depuratore avrete sicuramente sperimentato il disagio legato al pessimo odore che rilascia nell’atmosfera e, più in generale, il degrado che questo tipo di infrastrutture – peraltro indispensabili al mantenimento di accettabili livelli di qualità delle acque superficiali – arreca al territorio circostante.

Gli impianti di fitodepurazione conoscono recentemente una costante diffusione proprio perché coniugano soluzioni efficaci riducendo al minimo gli effetti ambientali dei processi depurativi. Sono particolarmente indicati per gli insediamenti nei quali il collegamento alla rete fognaria risulta difficoltoso o economicamente oneroso.

È il caso del resort “Pentolina” situato a Chiusdino, all’interno di una tenuta medievale posta in cima a un’altura nelle colline senesi. Il villaggio, aperto da marzo a ottobre, dispone di 139 appartamenti più ristorante con bar, piscina all’aperto riscaldata,  negozio e sala giochi, oltre alle attività di accoglienza e ai servizi indispensabili alla villeggiatura.

Appartenente alla catena Hapimag, il resort (500 abitanti equivalenti in condizioni di massima affluenza) era dotato di un impianto di depurazione a fanghi attivi, seguito da un post-trattamento con fitodepurazione a flusso sommerso orizzontale progettato nel 1999 dalla società Iridra.

L’impianto richiedeva un notevole e costante impegno per il suo funzionamento, affidato a tecnici specializzati per il controllo periodico del processo, con conseguenti elevati costi di gestione. Inoltre era soggetto a frequenti cali di rendimento e a problemi di sedimentazione dei fanghi, tamponati grazie all’impianto di post-trattamento.

La direzione del resort ha perciò deciso di intervenire in modo radicale, affidando alla stessa Iridra la realizzazione di un impianto di fitodepurazione in completa sostituzione di quello a fanghi attivi, con l’obiettivo di incrementare l’efficienza del processo, ridurne i costi e le difficoltà gestionali e – aspetto non meno importante per un insediamento turistico – riqualificare dal punto di vista paesaggistico un’area ampia quasi 1.000 m2 posta a pochi metri dal villaggio.

FILTRAZIONE MECCANICA. La prima fase del trattamento dei reflui consiste in un dispositivo di filtrazione, in questo caso grigliatura con filtro a coclea, che ha lo scopo di trattenere eventuali corpi estranei.
FILTRAZIONE MECCANICA. La prima fase del trattamento dei reflui consiste in un dispositivo di filtrazione, in questo caso grigliatura con filtro a coclea, che ha lo scopo di trattenere eventuali corpi estranei.

Progetto e paesaggio

Come nella maggior parte delle strutture turistiche, la tipologia degli scarichi del resort è caratterizzata da una notevole oscillazione giornaliera e stagionale, che ben si adatta al trattamento mediante sistemi di fitodepurazione. Dal punto di vista normativo i reflui del villaggio sono assimilabili alle acque di scarico domestiche.

Poiché l’impianto è al servizio di un insediamento turistico di taglia inferiore a 2.000 a.e., l’impianto doveva garantire un trattamento “appropriato”, che, secondo il D.Lgs. 152/06, deve avere le prerogative di rispondere bene alle oscillazioni di carico in ingresso e di richiedere poche e semplici operazioni di manutenzione e gestione, oltre a ridurre al minimo possibile le risorse energetiche necessarie al funzionamento.

LAVORI CONCLUSI. Ecco come si presentava il secondo stadio del trattamento secondario: i reflui vengono riversati sulla superficie mediante tubazioni situate nella parte superiore del letto di filtrazione.
LAVORI CONCLUSI. Ecco come si presentava il secondo stadio del trattamento secondario: i reflui vengono riversati sulla superficie mediante tubazioni situate nella parte superiore del letto di filtrazione.

Inoltre, dato l’alto valore ambientale della zona, l’impianto doveva garantire il più contenuto impatto paesaggistico, anche mediante riqualificazione delle aree eventualmente degradate. I principali dati progettuali sono riportati nella Tabella 1.

 Tabella 1. Dati principali di progetto

Parametro Unità di misura Quantità
Popolazione servita a.e. 500
Carico idrico giornalieromedio m3/giorno 100
Carico organico specifico gBOD/ab x giorno 60
Carico azotato specifico (TKN) g/ab x giorno 12
Carico specifico di SS g/ab x giorno 80
BOD5 mg/l 300
Azoto ammoniacale mg/l 60
Escherichia Coli UFC/100ml 106

Il progetto ha interessato sia la conversione del manufatto che ospitava i comparti di aerazione e sedimentazione dell’impianto a fanghi attivi, trasformato in una fossa settica, sia la realizzazione di un articolato impianto di fitodepurazione multistadio, situato in luogo di quello di post-trattamento preesistente.

In pratica, l’intero sedime dell’impianto è stato sottoposto a un insieme organico di opere idrauliche, edili e paesaggistiche che l’hanno radicalmente trasformato da zona tecnologica degradata a una sorta di canneto asciutto, incrementando notevolmente il livello di qualità paesaggistica dell’impianto.

LAVORI CONCLUSI. Ecco come si presentava il secondo stadio del trattamento secondario: i reflui vengono riversati sulla superficie mediante tubazioni situate nella parte superiore del letto di filtrazione.
LAVORI CONCLUSI. Ecco come si presentava il secondo stadio del trattamento secondario: i reflui vengono riversati sulla superficie mediante tubazioni situate nella parte superiore del letto di filtrazione.

Come è fatto

L’impianto di fitodepurazione è del tipo a macrofite emergenti e, in estrema sintesi, è composto da:

– dispositivo di pre-trattamento mediante grigliatura con filtro a coclea;

– sistema di equalizzazione costituito da 3 serbatoi in vetroresina dotati di stazione di sollevamento;

– trattamento primario in fossa settica tricamerale;

– trattamento secondario di fitodepurazione;

– pozzetto di campionamento finale e scarico in un fosso mediante la condotta esistente.

Nello specifico, il trattamento secondario è articolato in:

– primo stadio a flusso sommerso orizzontale (HF), costituito da 2 bacini operanti in parallelo da 480 m2 complessivi;

– secondo stadio a flusso sommerso verticale (VF), sempre composto da 2 vasche funzionanti in parallelo della medesima superficie.

Come funziona l’impianto

I primi tre passaggi sono realizzati con tecnologie standard e molto semplici, ricorrendo ove possibile alla gravità per la movimentazione dei fluidi: i dispositivi di pompaggio funzionano per circa un’ora e mezzo al giorno. Le vasche sono profonde circa 1 metro, impermeabilizzate con geomembrane in polietilene (spessore 1,5 mm) sulle quali sono appoggiati i letti di drenaggio sormontati da inerti.

Le vasche a flusso orizzontale sono riempite con 80 cm di ghiaia (diametro medio 15 mm), con pietrame di dimensioni maggiori in corrispondenza dell’ingresso e dell’uscita delle tubazioni. La stratigrafia delle vasche a flusso verticale, rifornite mediante elettropompa, comprende uno strato di sabbie (40 cm) interposto a due strati di ghiaia (15 cm ciascuno), oltre ad uno strato drenante sul fondo di circa 15 cm costituito da pietrame più grande a protezione dei tubi di drenaggio.

Tutte le vasche sono piantumate con Phragmites australis, più cespugli di piante ornamentali ai bordi. La distribuzione è affidata a tubazioni in pvc (diametro 40 mm) in pressione, perforate ogni metro per permettere il deflusso dei reflui.

L’impianto, costato complessivamente 175.000 euro, garantisce un trattamento in continuo, in modo da bloccare la maggiore massa di inquinanti e offrire perciò il più alto livello di protezione ambientale. Le rese depurative stimate in sede di progetto (BOD5 o domanda biochimica d’ossigeno 93÷97%; azoto ammoniacale 60÷70%; solidi sospesi totali 95÷99%; Escherichia Coli 99,99%) sono state confermate dai monitoraggi eseguiti, che hanno evidenziato rendimenti medi del 98% per quanto riguarda carico organico e azoto ammoniacale.

Giuseppe La Franca