La proprietaria di un immobile sito in un edificio condominiale citava in giudizio il proprietario dell’appartamento sovrastante, nonché titolare della ditta che si era occupata dei lavori di rifacimento e impermeabilizzazione del lastrico solare, affinché fosse condannato al risarcimento dei danni subiti per delle infiltrazioni verificatesi del suo appartamento.
Il tribunale di competenza accolse la domanda mentre la Corte d’appello, riformando la pronuncia emessa, accolse le argomentazioni della parte appellante il quale, ritenendo il contratto come contratto d’opera e non di appalto, riteneva che l’azione di risarcimento dovesse considerarsi prescritta. Venne pertanto promosso ricorso in cassazione.
La Corte, nel rigettare il ricorso promosso, si è nuovamente pronunciata sulla distinzione tra contratto d’opera e contratto d’appalto ritenendo che:
“la distinzione tra contratto d’opera e contratto d’appalto, posto che entrambi hanno in comune l’obbligazione verso il committente di compiere a fronte di corrispettivo un’opera senza vincolo di subordinazione e con assunzione del rischio da parte di chi li esegue, si basa sul criterio della struttura e dimensione dell’impresa a cui sono commissionate le opere, il contratto d’opera essendo quello che coinvolge la piccola impresa desumibile dall’art. 2083 c.c., e il contratto di appalto postulando un’organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato è preposto.
E l’identificazione della natura dell’impresa interessata, ai fini della qualificazione di un contratto come di appalto o di opera, è rimessa al giudice di merito, coinvolgendo una valutazione delle risultanze probatorie e dei necessari elementi di fatto” (cass. Civ. ord. n. 3682/2024).
Alla luce del principio cui sopra, la Corte ha confermato la pronuncia del giudice di secondo grado e rigettato il ricorso.