In cosa consiste la capacità manageriale

capacità manageriale
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Per un manager, saper valutare competenze e valori dei collaboratori, farli crescere e coltivare le relazioni è fondamentale. Lavorare sulle persone e sulla professionalità migliora anche il gioco di squadra, andando a coinvolgere tutte le funzioni aziendali.

Anche nell’era del digitale il patrimonio di un’azienda è sempre fatto di persone, di competenze professionali e di capacità relazionali. È fatto di clienti che bisogna conoscere meglio come individui, anche grazie alle nuove tecnologie e alla customer intelligence, così da migliorare il servizio con soluzioni più mirate. È fatto di risorse umane e, soprattutto, di individui che sono tuttora strategici nel rapporto con i clienti, nella vendita, nell’assistenza e nel post-vendita.

È fatto di intelligenza umana, che è giusto non sprecare nelle occasioni più correnti, quando può essere sostituita dall’intelligenza artificiale: la competenza umana viene infatti impiegata più proficuamente nelle situazioni più complesse, che richiedono specifiche competenze e attenzioni per un approccio “su misura” e personale.

In questo contesto, è dunque sempre fondamentale individuare e sviluppare i valori delle persone e le relazioni – sia interne sia esterne all’azienda – per migliorare come manager, far crescere i collaboratori e, nel contempo, soddisfare meglio, sviluppare e fidelizzare i clienti. Non va dimenticato inoltre che bisogna sempre coprire il territorio (e non solo il mercato digitale), dov’è importante essere presenti anche fisicamente: perché l’individuo e l’intelligenza umana fanno sempre la differenza.

Capacità manageriale: i valori positivi

Come visto recentemente, la capacità manageriale è un must nella gestione dell’impresa e delle persone; perciò, prima di addentrarsi nella valutazione dei collaboratori, è necessario riprendere il discorso a partire dai requisiti manageriali, in particolare nel campo della vendita. Quali sono, dunque, i valori e i requisiti del manager efficace?

Il manager efficace è innanzitutto professionale ed è impegnato in prima persona nel raggiungimento degli obiettivi e del successo dell’azienda. Sa integrare gli obiettivi dei collaboratori e dei manager funzionali cooperando con le altre funzioni aziendali ed è in grado di condividere valori positivi; possiede e trasmette fiducia, capacità relazionali e orientamento al cambiamento e al lavoro di gruppo; è in grado di conciliare gli obiettivi economico-finanziari con la customer satisfaction, la retention e la fidelizzazione.

Il manager efficace è organizzatore, partecipativo, intraprendente e realista. Sa organizzare politiche, azioni e relazioni corrette perché è convinto che superiori e collaboratori formino un’equipe e che la gerarchia debba basarsi sulla competenza, sulla fiducia e sul rispetto reciproco. È coinvolgente e sa delegare, sa gestire i conflitti perché preferisce trovare soluzioni, accetta di essere influenzato perché è influente. Dirige ogni collaboratore personalmente per ottenere da ciascuno i risultati migliori; tara gli obiettivi, chiari e raggiungibili, sui collaboratori; punta sul risultato duraturo e non sul potere.

Il manager vincente tende a cambiare il proprio comportamento e non quello degli altri, anche perché non attribuisce agli altri la responsabilità dei suoi problemi. È entusiasta e disponibile, convince e non impone e il più possibile delega e coinvolge. Riconosce i propri errori e non genera conflitti; ascolta prima di parlare e mantiene le promesse. Il manager efficace è equo e corretto e tendenzialmente umile. Valuta solo i fatti concreti e sa vedere in un problema un’opportunità; è tendenzialmente ottimista, positivo e propositivo.

È necessario per le aziende ragionare secondo questa prospettiva, chiedendosi: “Noi come siamo messi? Possediamo la giusta mentalità manageriale e adottiamo gli atteggiamenti corretti in funzione del raggiungimento degli obiettivi? Sappiamo valutare e gestire adeguatamente i nostri collaboratori? In base a quali criteri?”

I valori dei collaboratori

Per poter valutare, organizzare e gestire proficuamente i collaboratori nell’area vendite, bisogna conoscerne i valori e gli atteggiamenti. In funzione di quest’obiettivo, si propone a seguire una griglia tipologica; si tratta naturalmente di una bozza in cui sono disegnati alcuni ritratti di collaboratori che – lungi dal pretendere di essere esaustivi – si propongono come un utile punto di riferimento ai fini di una prima valutazione.

Le domande a cui un’azienda deve cercare di rispondere sono: “A quale tipo tra quelli menzionati appartengono i nostri collaboratori? Con quali conseguenze e influenze sulla divisione di appartenenza nello specifico e sull’azienda in generale, ma anche sul lavoro manageriale, sulle strategie, sulla struttura organizzativa, sulle politiche e sulle attività operative – anche in funzione del conseguimento degli obiettivi? A quali figure possiamo ricondurre il nostro personale di sede e di field?”

Ecco qualche esempio tipologico: il creativo, il tranquillo, il rampante, il duro, il battitore libero, il sociale.

Il “creativo” ha tra i suoi valori positivi la creatività e il desiderio di sviluppo personale, mentre considera valori negativi (o tutt’al più indifferenti) la voglia di guadagno e di avanzamento. Il “tranquillo” ambisce alla sicurezza economica, a buone condizioni ambientali e all’identità culturale; perciò non ama il rischio. I valori e gli obiettivi dell’individuo “rampante” risiedono nell’avanzamento, nel guadagno e nel prestigio e difficilmente nell’interazione sociale e nell’altruismo. Il “duro” crede nella capacità fisica e ama il rischio, ma non crede più di tanto nello sviluppo personale e nel raggiungimento dei risultati. Il “battitore libero” è ovviamente incline al rischio, è creativo e autonomo; perciò, solitamente, non attribuisce molto valore alla sicurezza economica e all’identità culturale. L’interazione sociale e l’altruismo sono tra i valori principali del tipo “sociale”, che vede invece come negativi o indifferenti il guadagno, l’autonomia e l’autorità.

Lo stile dei collaboratori

Oltre a prendere in considerazione i valori e gli atteggiamenti, è possibile incasellare i collaboratori anche a seconda dello stile: una classificazione che permette di distinguerli tra efficaci e non efficaci. Sono tipicamente efficaci il distante, il “consulente”, il dinamico, l’abile e lo stratega. Tra gli inefficaci, si possono invece includere l’indifferente, il servile, l’aggressivo, il furbo, lo snob e chi ha un’ottica di breve periodo.

Il venditore distante non cerca di dominare l’ambiente, evita le difficoltà, è organizzato e prepara le visite; è obiettivo col cliente e non intrattiene relazioni personali; risponde alle domande, non genera lamentele e conserva la clientela. Il “consulente” ascolta il cliente, lo capisce e lo consiglia; si impegna molto nello stabilire i contatti e un’intesa; nei conflitti ricrea la fiducia, ha relazioni continue ed è molto disponibile. Per il dinamico, l’importante è riuscire: vuole affermarsi per i suoi risultati; non vuole essere colto di sorpresa, perciò conosce a fondo il prodotto, il cliente e la concorrenza; è uno scopritore di novità.

Il venditore abile è realista, evita i perfezionismi, applica metodi sperimentali e cerca il compromesso col cliente; conosce i prodotti, i clienti e i concorrenti quanto basta per non farsi sorprendere e coltiva il cliente; è senz’altro un “venditore di mestiere”. Lo stratega aiuta a prendere decisioni razionali e concorda col cliente su quale prodotto è ideale per lui perché è un “venditore di soluzioni”; agisce per obiettivi, è autonomo e sperimentatore, migliora continuamente la strategia perché ha il mito dell’efficienza.

In base a questi profili, è possibile capire dove si trova un’azienda: i collaboratori corrispondono e sono ascrivibili a uno dei ritratti positivi sopra descritti? Con quali conseguenze sui rapporti con i clienti, sulle vendite e sui risultati? In che modo questi atteggiamenti condizionano l’azienda nella definizione di obiettivi e strategie? E a livello direzionale e organizzativo? Quali collaboratori risultano i più efficaci? L’azienda riesce a gestirli proficuamente?

capacità managerialeSpunti e indicazioni di metodo per un management efficace

Quale che sia il patrimonio di risorse umane a disposizione, che deve gestire e preparare alle nuove relazioni e trattative commerciali con i clienti, il manager delle vendite può prendere spunto da alcune sintetiche indicazioni di metodo; si tratta non tanto di un “vademecum”, ma di un semplice suggerimento per migliorare l’efficacia e l’efficienza delle persone – come pure delle relazioni.

Ecco dunque alcune proposte per un management efficace:

  • chiarire l’obiettivo comune;
  • essere sempre disponibili;
  • dare l’esempio;
  • essere chiari nella comunicazione;
  • difendere il team con la direzione;
  • difendere l’azienda con il team;
  • esercitare fiducia e controllo;
  • anticipare, non reagire;
  • premiare i piccoli successi;
  • ascoltare;
  • essere giusti – non buoni;
  • saper dire di no;
  • saper essere “impopolari”;
  • dare e pretendere fiducia;
  • sapere quello che si può e quello che non si deve dire;
  • saper valutare i collaboratori.

Essere un buon manager significa anche saper dire di no e rischiare di essere impopolari? E perché? Attraverso il dire “no” si costringe l’interlocutore a pensare e a chiedersi il perché della risposta: in questo modo, la persona viene indotta a rendersi conto del pensiero dell’altro, che riesce così ad affermare la propria identità e a stabilire una corrente di comunicazione diretta. Naturalmente, questo non significa che per ottenere il consenso occorra imporsi; anzi, bisogna essere propositivi e aperti al dialogo. Nessuno può pretendere di essere titolare della verità, per questo bisogna porsi al livello altrui; occorre essere giusti, non buoni, partecipativi e non impositivi.

Saper delegare

capacità managerialeEssere un buon manager significa anche saper delegare: la delega è un processo fondamentale per la gestione delle risorse umane affidate al manager, il quale è ovviamente responsabile non solo delle proprie scelte e del proprio operato, ma anche delle performance dei suoi collaboratori.

Ma che cosa significa sostanzialmente delegare? Delegare significa dare autonomia decisionale e operativa in merito al raggiungimento di uno specifico obiettivo, dare al collaboratore la possibilità di essere attore e non spettatore; non significa certamente affidare a qualcuno la totale responsabilità per la buona riuscita di un lavoro e abbandonare il delegato al proprio destino. Delegare vuol dire circoscrivere una zona definita nell’ambito della quale il delegato può esercitare la propria autonomia e significa anche essere consapevoli del fatto che chi delega conserva la responsabilità delle decisioni prese dall’altra persona; chi delega non ha certo meno responsabilità, casomai è il contrario.

La delega dev’essere concessa su azioni controllabili, tempificate e valorizzate, anche perché il rischio da correre è condiviso fra delegante e delegato. La delega non dev’essere occasionale, improvvisata e limitata ai soli momenti in cui si è oberati di lavoro, ma va pianificata e organizzata, anche perché la capacità di delega si acquisisce col tempo e con l’esercizio. La decisione del manager di delegare dev’essere dettata da alcuni parametri fondamentali: l’urgenza di quanto dev’essere deciso, l’importanza della decisione e l’impatto che essa ha sull’efficienza e sull’efficacia personale e aziendale.

Evidentemente, quanto meno importante e impattante è la decisione e quanto più è urgente, tanto maggiore è la probabilità/possibilità di delega. Naturalmente la delega genera una serie di preoccupazioni, sia in chi delega sia nel delegato. Le preoccupazioni di chi delega possono riguardare il processo (“Che cosa ne pensano gli altri? A quali inefficienze si andrebbe incontro? Perché delegare proprio a quella persona nello specifico?”) e possono anche riguardare se stesso (“Potrò fidarmi? Perderò potere e la mia identità professionale?”).

Ovviamente, per il delegante è anche ragionevole domandarsi se il delegato sia in grado di assumere nuovi compiti e responsabilità e chiedersi quanto il delegato riuscirà a crescere, magari finendo col sovrastarlo. Chi riceve la delega, dal canto suo, potrebbe ragionevolmente chiedersi il perché di questa decisione e perché sia stato scelto proprio lui, quale significato abbia la serie di responsabilità attribuitegli e se ci sia un secondo fine.

Sulla scia di questi dubbi, il delegato potrebbe non accettare, perché preoccupato di dover acquisire nuove responsabilità e perché potrebbe avere paura di non essere in grado di assumere e gestire tali doveri; potrebbe anche non essere interessato a emergere e questo scarso interesse potrebbe evidentemente rappresentare un ulteriore ostacolo. Al contrario, chi si sente gratificato dalla delega, anche perché motivato dalla possibilità e dalla volontà di crescere, tendenzialmente accetterà, considerando l’occasione una sfida e intravedendovi la possibilità di una competizione costruttiva. Ovviamente il manager efficace deve saper gestire entrambe le situazioni con obiettività per poter assumere le decisioni più adeguate al caso.

Valutare, sviluppare, motivare

Valutare i collaboratori è un compito essenziale per un manager, in particolare per quanto riguarda capacità e abilità di chi lavora con lui. Tra le capacità da valutare si contano le competenze generali, cioè quelle che derivano dall’istruzione e da se stessi (saper operare, tenere sotto controllo i risultati, saper fare rapporto su un fenomeno o un evento, saper ascoltare gli altri) e le competenze specifiche, cioè quelle necessarie per operare in un contesto aziendale (intuizione, lavorare in gruppo, saper gestire la propria incertezza, non temere il cambiamento, avere capacità negoziale). Si tratta di capacità acquisibili in tempi più o meno lunghi. Pure da valutare sono le competenze generali e specifiche relative alla crescita nel ruolo professionale.

Tra le competenze generali rientrano la capacità di formulare obiettivi, di pianificare il lavoro, di controllare i risultati delle azioni e di motivare i collaboratori; tra le competenze specifiche, la capacità di aumentare il livello di saggezza della persona, di conferire carisma, di stimolare l’imprenditorialità e aumentare la capacità del collaboratore di elaborare e gestire strategie.

Nel contesto dello sviluppo delle competenze emerge in maniera evidente l’importanza cruciale della motivazione, che si potrebbe definire come l’insieme delle forze, dei fattori, dei fenomeni interni a un individuo che concorrono a indirizzarne le azioni, il comportamento e il modo in cui si pone nei confronti degli altri, a prescindere dai fattori esterni di influenza. La motivazione che qui interessa maggiormente è perlopiù di carattere personale e sociale – e in particolare riferibile al successo e alla carriera.

La motivazione della persona all’interno dell’azienda può essere riconducibile a una piramide di bisogni/obiettivi che, a partire dalla qualità della vita professionale e dalla sicurezza del e nel lavoro, si sviluppa attraverso la comunicazione tra colleghi e superiori, l’ottenimento di rispetto e considerazione fino al conseguimento degli obiettivi professionali e alla crescita nel ruolo. Competenza, abilità e motivazione concorrono all’efficacia della persona e all’ottenimento di successi nella vita e nel lavoro; perciò vanno sviluppate.

In particolare, per sviluppare le competenze personali bisogna lavorare a livello di insight (comprensione profonda dell’ambiente), foresight (previsione di ciò che potrà accadere) e intuition (pure sensazioni), ricorrendo a strumenti adeguati di analisi, ponendosi precisi obiettivi e, naturalmente, individuando le crisi potenziali e identificando i problemi e le opportunità. Per sviluppare le competenze personali, bisogna lavorare principalmente sulle conoscenze acquisite nel percorso d’istruzione e nell’addestramento aziendale, sulle skills derivanti dalla pratica di tutti i giorni all’esterno e in azienda e sul know-how, che deriva dall’esperienza maturata nella vita così come nell’attività professionale.

Lavorare sulle persone e sulla professionalità è fondamentale per incentivare la crescita, le relazioni e la collaborazione: il gioco di squadra, unitamente all’allineamento agli indirizzi strategici dell’azienda in generale e del management delle vendite in particolare, è sicuramente una carta vincente – e questo gioco di squadra deve coinvolgere tutte le funzioni aziendali.

Il successo commerciale deriva dal gioco di squadra

I presupposti fondamentali sono due: il ruolo delle vendite è sempre cruciale in azienda e il successo del commerciale dipende da tutta l’azienda. In quest’ottica, tutta l’organizzazione dev’essere partecipe del successo del commerciale; e poiché questo successo dipende anche dal coinvolgimento e dalla partecipazione dei collaboratori, l’azione commerciale deve coinvolgere anche la produzione, l’amministrazione, la logistica, le altre parti interne ed esterne all’azienda, compresi ovviamente gli agenti plurimandatari.

Spunti per un’autoanalisi

La capacità manageriale è un must nella gestione dell’impresa e delle persone: ecco alcune caratteristiche che definiscono un manager efficace, in grado di valutare e far crescere i propri collaboratori.

Quali competenze cerca l’azienda nel proprio manager?

  • Il manager aziendale sa integrare gli obiettivi dei collaboratori e dei manager funzionali in concerto con le altre funzioni aziendali?
  • Sa conciliare gli obiettivi economicofinanziari con la customer satisfaction?
  • Condivide valori positivi? Trasmette fiducia, capacità relazionali e orientamento al lavoro di gruppo?
  • È organizzatore, partecipativo, intraprendente e realista?
  • Sa organizzare politiche, azioni e relazioni corrette? Sa coinvolgere, convincere e delegare?
  • Punta sul risultato duraturo nel tempo? Tara gli obiettivi, chiari e raggiungibili, su ciascun collaboratore?
  • Riconosce i propri errori e sa gestire i conflitti? Non attribuisce agli altri la responsabilità dei propri problemi?
  • Valuta solo fatti concreti? È tendenzialmente ottimista, positivo e propositivo?
  • Sa precisare l’obiettivo comune ed è chiaro nella comunicazione?
  • È sempre disponibile e dà l’esempio?
  • Gode di fiducia ed esercita il controllo?
  • È equo e giusto (non buono)? Premia i piccoli successi?
  • Ascolta e sa ciò che si può e ciò che non si deve dire?
  • Sa dire di no ed essere “impopolare”?
  • Sa valutare chi lavora con lui? Dare e pretendere fiducia?
  • Sa anticipare piuttosto che reagire?
  • Sa sviluppare il potenziale oltre che risolvere i problemi?
  • Sa reagire con i fatti oltre che pensarli?
  • Più che promettere sa dimostrare?
  • Sa far fare oltre che fare? In sostanza, sa delegare?
  • Nel delegare, non affida la totale responsabilità per la buona riuscita del lavoro al delegato, abbandonandolo al suo destino?
  • Sa individuare e sviluppare i valori delle persone e le relazioni – sia interne sia esterne all’azienda – per migliorare come manager, far crescere i collaboratori e, nel contempo, soddisfare meglio e fidelizzare i clienti?
  • Conosce i valori, gli atteggiamenti e lo “stile” dei propri collaboratori per valutarli, organizzarli e gestirli proficuamente?
  • Di quale tipo sono i collaboratori? Con quali conseguenze sulla divisione, sull’azienda, sul lavoro manageriale, sulle strategie, sulla struttura organizzativa, sulle politiche e sulle attività operative anche in funzione degli obiettivi?
  • Il manager sa valutare e sviluppare le capacità e abilità dei collaboratori (generali e specifiche) e quelle relative alla crescita nel ruolo?
  • Sa motivare i propri collaboratori? In particolare a livello personale e sociale e relativamente al successo e alla carriera?
  • Sa lavorare sulle persone e sulla professionalità per incentivare la crescita dell’azienda, le relazioni e la collaborazione?
  • Il successo del commerciale dipende da tutta l’azienda, dal coinvolgimento e dalla partecipazione? Tutta l’organizzazione è davvero coinvolta nell’azione commerciale?
  • QUANTE LE RISPOSTE AFFERMATIVE?

    19-28 – Il manager conosce l’importanza del proprio ruolo ed è in grado di pianificare e organizzare strategie e azioni adeguate alla propria posizione, anche valutando, organizzando, delegando e motivando i collaboratori. È necessaria una verifica
    sistematica a questo riguardo.

    9-18 – Il manager probabilmente deve o sviluppare le proprie capacità o metterle meglio in pratica, perché non sfrutta adeguatamente le proprie competenze e quelle dei collaboratori.
    Strategie, ruoli e risorse andrebbero meglio pianificati, organizzati e gestiti.

    0-9 – Il manager dovrebbe farsi un esame di coscienza in merito alle proprie capacità a livello strategico e organizzativo. Sviluppo professionale e organizzazione potrebbero rappresentare un primo step.