Canna fumaria e pericolosità per il vicinato

pericolosità Canna fumaria

In relazione alla presunzione di pericolosità e di rischio di danno delle canne fumarie sono intervenute in diverse occasioni varie pronunce sia di legittimità che di merito.

La Corte di Cassazione, in particolare, in diverse sentenze ha evidenziato che la suddetta presunzione assoluta di nocività e pericolositàprescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisca la distanza medesima; mentre, in difetto di una disposizione regolamentare, si ha pur sempre una presunzione di pericolosità, seppure relativa, che può essere superata solo ove la parte interessata al mantenimento del manufatto dimostri che mediante opportuni accorgimenti può ovviarsi al pericolo od al danno del fondo vicino”.

Nel medesimo senso una successiva pronuncia circa le distanze minime tra vicinato ha affermato che: “Il rispetto della distanza prevista per fabbriche e depositi nocivi e pericolosi dall’art. 890 c.c. è collegato ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che è assoluta ove prevista da una norma del regolamento edilizio comunale, ed è invece relativa – e, come tale, superabile con la dimostrazione che, in relazione alla peculiarità della fattispecie ed agli accorgimenti usati, non esiste danno o pericolo per il fondo vicino – ove manchi una simile norma regolamentare.

E, infine, sempre la Corte di Cassazione si è spinta ad affermare il diritto al risarcimento del vicino nel caso subisca l’eccessiva vicinanza di una canna fumaria di amianto decretando che: “La presunzione di pericolosità prevista dall’articolo 890 del Codice civile per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi, in materia condominiale vige anche per le canne fumarie, con la conseguenza che manufatti di tale genere, soprattutto se costruiti in amianto e in cattivo stato di conservazione, posizionati sul balcone o sul muro divisorio, pregiudicano il diritto di proprietà del vicino confinante”.

(Cassazione civile sez. IIii, 20/06/2017, n.15246; Cassazione civile sez. IIii, 23/05/2016, n.10607;Cassazione civile sez. IIii, 22/10/2009, n.22389 e da ultimo Cass. sez. IIii, ord. 27/06/2024 n. 17.758).