Come farsi una reputazione

Migliorare le comunicazioni aiuta a sviluppare le relazioni e l’advocacy dei dipendenti: ecco qualche consiglio su come costruire tramite Linkedin una strategia di Employer Branding & Employee Advocacy.

Oggi si sta rivalutando l’importanza della qualità e del ruolo delle risorse umane, che possono dare un importante contributo al sostegno e alla crescita della propria azienda. Per sviluppare le relazioni e l’advocacy dei dipendenti bisogna però migliorare le comunicazioni.

In questo contesto, Linkedin costituisce uno strumento efficace per costruire strategie di successo di Employer Branding & Employee Advocacy. Lo sottolinea Pamela Serena Nerattini, consulente e formatrice Linkedin e comunicazione, business coach e facilitatrice e membro di AISM (Associazione Italiana Sviluppo Marketing) in occasione di un evento dell’associazione.

Employer Branding & Employee Advocacy: come fare “gioco di squadra”?

Pamela Serena Nerattini, membro di AISM (Associazione Italiana Sviluppo Marketing)

Linkedin è uno strumento principe per fare molte cose (non solo attrarre nuovi clienti) e i dipendenti (tutti) possono ricoprire al suo interno un ruolo importante. In quanto consulente Linkedin e di comunicazione, io stessa faccio da ponte tra le risorse umane e il marketing, poiché non si può lavorare per compartimenti stagni: le diverse funzioni aziendali devono imparare a collaborare.

In funzione di quest’esigenza entrano in gioco le due strategie sinergiche e complementari di Employer Branding & Employee Advocacy. Employer Branding è un termine normalmente utilizzato per descrivere la reputazione di un’organizzazione in quanto datore di lavoro e la sua proposta di valore ai dipendenti attuali e futuri. Employee Advocacy consiste nella promozione di un’organizzazione da parte dei suoi dipendenti e stakeholder esterni (clienti, partner, collaboratori, commerciali ecc.).

Nel caso dell’Employer Branding è fondamentale porre attenzione a ogni minimo particolare, come per esempio la redazione degli annunci di lavoro nei quali bisogna spiegare alle persone come e perché dovrebbero lavorare per la nostra azienda. Questo compito può essere svolto anche dagli attuali dipendenti, cioè chi ha già scelto l’azienda e può quindi essere in grado di spiegare come e perché può essere attrattiva. Perché ciò che dicono i dipendenti è importante? Perché risulta più credibile e affidabile di quanto racconta l’azienda (per esempio sulla propria pagina Linkedin) che è tutto da dimostrare.

Risulta dunque fondamentale creare progetti di Employee Advocacy allo scopo di far crescere ambassador interni che si faranno carico di parlare all’esterno a tutti coloro che hanno un interesse nell’azienda: futuri collaboratori, clienti, fornitori, banche e non solo.

Come attrarre talenti e clienti tramite Linkedin?

Linkedin si basa su due assunti fondamentali: differenziarsi e dare per ricevere. Dare significa innanzitutto offrire contenuti e competenze, supportare le persone, divulgare, far capire che cosa fa la nostra azienda e fare in modo che si ricordino di noi. Attrarre talenti tramite Linkedin è un problema che va affrontato con un approccio strategico, diverso da quello necessario per attrarre clienti anche perché, per quanto entrambi questi compiti riguardino il marketing, il primo coinvolge in primis le risorse umane e il secondo i commerciali.

In entrambi i casi, è comunque necessario approntare una precisa strategia anche appurando quali sono le domande che verranno rivolte dai nostri interlocutori, quali risposte occorre dare e quali casi studio proporre. Nel caso dei talenti, per esempio, è importante chiedersi che cosa le persone vogliono sapere e ottenere dall’azienda: work/life balance, clima e cultura aziendale arricchenti, crescita professionale e personale ecc.

Nel caso dei clienti, invece, l’attenzione va concentrata maggiormente sull’amplificazione del messaggio (che risulta molto più credibile se raccontato dall’interno) e sulla maggiore interazione nei post dei profili. Bisogna infatti considerare che, soprattutto nel caso delle PMI, il network complessivo con cui si ha a che fare tramite i profili personali dei dipendenti è decisamente più esteso rispetto a quello del brand.

A quali risorse può fare ricorso l’azienda per raggiungere il proprio obiettivo?

La pagina aziendale di Linkedin è senz’altro un punto di partenza per comunicare e raccontarsi: rappresenta un’importante leva di marketing per posizionarsi nel modo corretto, ma molti (troppi) in azienda ci mettono le mani in funzione dei propri obiettivi oppure (quel che è peggio) ci mette le mani solo il marketing per pubblicare semplicemente gli annunci di lavoro. Pertanto, anche l’advocacy è di aiuto e va sviluppata, purché sia coerente, autentica e credibile e utilizzata non solo per dare risalto ai manager: in pratica, deve trattarsi di una comunicazione corporate con un taglio personale.

Le persone sono un alleato per trasferire contenuti relativi ai prodotti, alla vita in azienda, ai benefit, a come si lavora e a come ci si sente; quindi sono di supporto al marketing. Le persone vanno però formate a parlare già a partire dalla fase di onboarding, quando vengono coinvolte e si trasferisce loro la vision aziendale.

Perché è opportuno sviluppare una social media policy e secondo quali linee guida si costruisce?

Linkedin serve a rendere l’azienda riconoscibile con un’immagine visual e di contenuti coerente e unica (pur diversa a seconda che si debba attrarre talenti o parlare di prodotti), ci aiuta a costruire credibilità e reputazione, a posizionarci e a differenziar ci. In quest’ottica un buon piano editoriale non è sufficiente: bisogna anche formare le persone e farle diventare ambassador dell’azienda.

Il primo step di un progetto di Employee Advocacy è quindi la costruzione di una social media policy finalizzata a dire alle persone che cosa ci si aspetta da loro, che cosa possono e non possono fare, quali canali si utilizzano e con quali obiettivi e motivazioni, e non solo. Il training program servirà poi a formarle e a insegnare loro, tra le altre cose, come completare al meglio il proprio profilo Linkedin. Concentrarsi sulle persone è essenziale per appurare come si trovano e come vivono in azienda, nonché come comunicano le loro sensazioni all’esterno.

Affinché il progetto diventi più interessante e competitivo, si ricorre sovente al gaming, stabilendo dei KPI utili a valutare le persone e il loro contributo; una volta analizzati i risultati, si può passare all’implementazione della strategia. La social media policy è un documento legale in cui si inseriscono obiettivi, linee guida e best practice allo scopo di fornire norme di comportamento, dare libertà, incoraggiare ad agire, evitare errori, esplicitare i valori da condividere, dissociarsi da comportamenti non consoni, sapere chi seguire e chi no, fornire un’e-mail per inviare suggerimenti, gestire le crisi ecc.

Ovviamente questa policy non può essere vincolante per il dipendente, che deve poter gestire liberamente il suo profilo personale su Linkedin, ma certamente può fare riferimento a contenuti utili per il dipendente nell’ottica di comunicare la propria relazione con l’azienda (per esempio, un visual support per l’immagine di copertina, uguale per tutti, oppure un’immagine rappresentativa della specializzazione aziendale).

Un’altra componente importante è il titolo (o sommario); ogni volta che una persona appare tra i risultati di ricerca, commenta o chiede una connessione, il titolo (job title) è infatti una delle prime cose che appare (insieme al nome e alla fotografia) ed è quindi importante che parli dell’azienda e sia omogeneo. Il titolo dev’essere preciso, rappresentare la vision e l’expertise e indicare che cosa fa la persona, il suo ruolo e il suo livello nell’azienda, di cui è opportuno anche fare una breve presentazione se poco conosciuta.

Questo è certamente un modo per fare branding, perché nel momento in cui la persona svolge un’azione anche l’azienda è subito visibile. Quando si fa diventare una persona un ambassador, bisogna farle capire che nella parte dedicata alle informazioni deve raccontare non solo ciò che fa, ma anche il suo “perché”: perché ha scelto l’azienda, perché ci sta e ci lavora bene, il come e il perché di quello che fa.

Queste informazioni sono importanti anche per attrarre nuovi talenti, oltre che nuovi clienti, che sono infatti interessati a sapere con chi avranno a che fare: chi sono le persone che hanno scelto l’azienda (anche perché le “assomigliano”) e ora ne sono gli ambasciatori. Il team degli ambassador va costruito strategicamente in funzione degli obiettivi e dei target e va composto da persone di ogni livello e seniority.

Quali sono le basi di una strategia di Employer Branding & Employee Advocacy?

Un progetto di Employer Branding & Employee Advocacy tramite Linkedin deve fondarsi su basi precise. Innanzitutto bisogna definire bene gli obiettivi quantitativi e qualitativi della pagina aziendale, qual è l’identità dell’azienda e come vuol essere percepita, con chi intende comunicare (nuovi talenti, clienti, stakeholder in generale ecc.) e quali messaggi, quali sono le attuali strategie di comunicazione, come si raccontano la storia, i valori aziendali e i dipendenti, quali persone e funzioni sono coinvolte nel piano editoriale, qual è la proposta di valore dell’impresa e per quali motivazioni dev’essere scelta.

In sostanza l’obiettivo è veicolare i valori fondamentali, la mission e la vision dell’azienda in modo chiaro, diretto e accessibile a supporto del posizionamento e della promozione del brand (anche tramite gli ambassador che, grazie al supporto del marketing, sono allineati ai nostri obiettivi e strategie). Bisogna quindi far crescere la pagina aziendale invitando colleghi e collaboratori a seguirla e ad agganciarla al proprio profilo, inserendo link alla pagina (o QR code) su tutti i supporti di comunicazione, inserendo sul sito il badge per seguirla e il Follow Company Plugin Generator, inviando messaggi e newsletter ai propri clienti con il link della pagina, invitando i follower personali a seguirla e spiegando il valore aggiunto che potrebbero trarne ecc.

In funzione di ciò bisogna redigere un accurato piano editoriale affinché gli ambassador scelti dispongano dei contenuti appropriati da condividere con i diversi target (persone, stakeholder, potenziali clienti ecc.) e possano commentare o consigliare: il management in merito all’azienda e alle prospettive future, i tecnici su aspetti relativi ai prodotti e alle loro funzionalità, le risorse umane sulle posizioni aperte e sulla vita in azienda, i collaboratori sulle loro esperienze e i loro progetti aziendali e così via.

Naturalmente è importante che gli ambassador scelti dall’azienda dispongano di un buon network di contatti e di un buon posizionamento. La rete dei collegamenti non è il fine, ma il mezzo; non occorre che sia ampia, ma di valore, cioè con le caratteristiche appropriate a intermediare e conseguire gli obiettivi (perlopiù delle risorse umane e delle vendite).

Il potenziale della rete è enorme perché consente di amplificare i contenuti e le azioni del singolo ambassador attraverso una quantità esponenziale di contatti correlati, ma ovviamente l’ambasciatore deve imparare a commentare e a dibattere e così a farsi conoscere, a scrivere in maniera efficace e, naturalmente, a inviare contenuti aziendali appropriati e interessanti per i propri contatti.

Affinché il lavoro di advocacy sia efficace, è necessario quindi che l’azienda si prenda cura delle persone al suo interno e ne appuri le conoscenze.

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