Il progetto è un’eccellente opera di recupero industriale, grazie alla ristrutturazione di un vecchio capannone diviso in due aree distinte, ma entrambe uniche per l’esclusività dell’arredamento e delle finiture di altissimo livello. La prima è lo showroom, un’area espositiva dotata di ogni comfort, anche sotto il punto di vista climatico, ed un’area uffici in cui è presente una sala riunioni, un bagno, una cucina e la zona segreteria. Le scelte impiantistiche hanno permesso un risparmio energetico di circa il 30% in confronto alla tradizionale caldaia a gas, garantendo COP elevati anche a basse temperature.
Il riscaldamento
A causa delle diverse esigenze delle due aree, sono stati scelti due tipi di climatizzazione diversa. Per lo showroom, zona in cui è prevista una presenza saltuaria di persone e solo su appuntamento, occorreva una soluzione che permettesse la maggior resa possibile nel minor tempo possibile, un riscaldamento veloce da portare a regime. La soluzione è quindi ricaduta su un impianto ad espansione diretta con unità canalizzate a bassa prevalenza, posizionate in modo da rendere ogni ambiente indipendente e per garantire la massima efficienza anche nei periodi più rigidi dell’anno. Per la zona adibita ad uffici, in cui è prevista una costante presenza di gente, è stata invece ideata una doppia soluzione completamente basata sul principio della pompa di calore. Per il riscaldamento primario e la produzione di acqua calda sanitaria c’è un sistema idronico abbinato a pannelli radianti e a un accumulo per l’acqua calda sanitaria con un’unità esterna da 14kW termici che permette di mantenere costante la capacità fornita fino a -5°C esterni. Inoltre, è stato installato anche un classico impianto canalizzato a media prevalenza Standard Inverter da 12.5kW per il raffrescamento estivo e il riscaldamento nelle mezze stagioni.
La parola chiave è “mimetizzazione”
L’altissimo livello di lusso e pregio dell’Atelier Milano ha reso necessario un grande lavoro sia per il progettista che per l’installatore che hanno dovuto “nascondere” le unità impiantistiche in modo tale da renderle praticamente invisibili, ma assolutamente funzionali all’interno di un contesto estetico fatto di particolari di pregio realizzati a mano.
Le unità di ripresa dell’aria posizionate nella parte inferiore dei muri e le bocchette di ventilazione poste in alto sono tutte nascoste nell’intonaco, percettibili solo mediante armoniche fessure poco impattanti esteticamente. Inoltre, sono stati realizzati spazi cavi dietro ai muri, per il posizionamento di macchinari, cavi, tubazioni e locali tecnici.
Una chicca è il fancoil che provvede al riscaldamento e alla deumidificazione della sala riunioni, nascosto dietro alla decorazione di un tulipano che lo rende assolutamente invisibile.
Un impianto “invisibile”
“Per un progettista – spiega l’Arch. Carlo Golgi di Voghera (PV) – l’esistenza degli impianti costituisce un limite alla possibilità di creare. La grande fatica è riuscire a tradurre nel miglior modo possibile nel progetto il punto di incontro tra esigenza estetica e funzionale del cliente con la posizione praticamente obbligata della parte impiantistica. In pratica, occorre ‘fare di necessità virtù’, unendo la decorazione alle esigenze tecniche. Personalmente presto molta attenzione alla parte progettuale in stretto contatto con gli impiantisti per verificare di volta in volta esigenze e fattibilità.. Bisogna partire dall’esistenza degli impianti, sviluppando il progetto tenendo in considerazione l’esatto posizionamento dei canali, dei cavi attorno ai quali si può sviluppare il progetto di spazio. Non bisogna neppure sottovalutare le future esigenze di manutenzione che richiedono posizionamenti strategici delle botole di ispezione e delle unità per la pulizia dei filtri e il periodico controllo. Ma c’è una cosa molto importante per poter iniziare con passo giusto, ovvero cooperare con un installatore che si rende disponibile al dialogo. E spesso non è così facile”.
L’esperienza dell’installatore
“Per realizzare un’installazione di questo livello – spiega Rinaldo Gerosa, Idroclima System di Milano – con particolare attenzione alle finiture anche sotto il punto di vista impiantistico, una delle difficoltà è il reperimento dei materiali che non sono certo quelli standard. Occorre procurarsi bocchette di un certo tipo con dimensioni non comuni e riuscire a lavorare su misura con committenti dalle precise esigenze. Inoltre, nella zona del soppalco, per quanto riguarda il riscaldamento radiante a pavimento, siamo dovuti rientrare in spessori davvero ridotti. Avevamo a disposizione soltanto 18 cm compresa la struttura, così abbiamo dovuto creare una putrella su misura per il passaggio del tubo. Questo limite di misura ha reso obbligatorio, a sua volta, l’utilizzo di un parquet con spessore massimo di 8 mm per il rispetto dei limiti minimi di altezza per l’ottenimento dell’abitabilità. Durante i lavori, durati 8 mesi, l’impianto è stato testato con grande successo per l’esigenza di mantenere caldo l’ambiente durante le operazioni di levigatura dei pavimenti. La temperature esterna misurava -18°C e quella interna ha raggiunto e mantenuto 22°C per parecchi giorni. Il risultato è stato ottenuto grazie alla bontà dei macchinari installati e il corretto dimensionamento per un involucro industriale”.