Secondo una recente indagine di ANIMA (Federazione delle Associazioni Nazionali dell’Industria Meccanica Varia ed Affine) le aziende italiane della meccanica hanno esportato macchine, tecnologie e impianti, nel primo semestre 2016 per 13,5 miliardi di euro segnando un +0,8% sul 2015.
Come evidenziato dal grafico, l’export tra il 2008 e il 2009 aveva subito una forte battuta d’arresto. Nel 2013 la meccanica ha iniziato a superare i livelli pre-crisi. Ora si va oltre.
L’Europa è ancora il mercato più rilevante per il settore, marcando un 44%, seguita dall’Asia (22%) e dall’America del Nord (10%). Germania, Stati Uniti e Francia occupano le prime tre posizioni export della meccanica italiana. I tedeschi hanno richiesto 1,27 miliardi di euro di manifattura italiana, un dato in crescita del +7% rispetto al 2015.
Le valvole e rubinetti sono il prodotto più diffuso in generale, con un ulteriore incremento del +1,1%. Pompe (+12,7%) e turbine a gas (+20,6%) registrano una crescita a doppia cifra, così come gli impianti di condizionamento (+16%).
In leggero calo l’export verso gli Usa (-8%) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente per un totale di 1,21 miliardi di euro. I rapporti commerciali con il paese americano tracciano comunque una curva molto ripida verso l’alto. Ha inciso la debolezza del dollaro sull’euro.
Un segno meno si registra invece per le merceologie quali il sollevamento e trasporto (-28%), mentre realizzano una buona performance i macchinari da costruzione (+7,5%), che assieme a valvole e turbine costituiscono più di un terzo del totale. Gli Americani però, hanno recentemente contratto la domanda di manifattura italiana, rispetto allo stesso periodo del 2015: il primo semestre 2016 perde un -7,5%.
«Il timore era di dover affrontare conseguenze economico-politiche molto più pericolose del previsto – dichiara Alberto Caprari, presidente ANIMA -. Anche gli ultimi mesi non hanno disegnato una situazione critica a livello di export. Gli avvenimenti in Turchia non hanno provocato effetti sugli scambi commerciali e le elezioni Usa non hanno sconvolto le borse. Tantomeno la Brexit sta incidendo sulle attività imprenditoriali. Il prezzo del petrolio si è assestato sui 50 dollari al barile diventando profittevole. Se ci sarà un’eco rilevante della mutevole geopolitica la avvertiremo probabilmente nel 2017».
I nostri vicini Francesi aumentano la domanda di Made in Italy del +10% raggiungendo gli 1,18 miliardi di euro con un picco positivo di richiesta per la caldareria (+21,9%) ed i carrelli elevatori (+11,1%), oltre agli strumenti di movimentazione. Regno Unito e Spagna complessivamente confermano e accrescono il loro interesse verso la manifattura italiana. Al sesto posto segnaliamo la Turchia, che segna un +24% di export italiano pari a 418 milioni di euro, dopo un calo drastico dal 2012. L’Arabia Saudita, che è in continuo incremento dal 2010, nel 2015 ha invertito la tendenza (-21%). La guerra del petrolio ha influenzato fortemente il potere d’acquisto del paese, rallentando tutti i settori e progetti correlati. Tra crolli come la Russia, rimbalzi e recuperi, l’export sta comunque trainando e sostenendo favorevolmente la meccanica italiana.