Come ricorda l’etimologia della parola (dal greco krino, ossia “scegliere”), la crisi è prima di tutto un punto di svolta, a partire dal quale è possibile ripartire per risolvere i problemi dell’attività e affrontare con rinnovata sicurezza i cambiamenti del mercato. Ecco come si può fare nel settore ITS.
Com’è ormai risaputo, anche nel settore ITS i tempi buoni si alternano a tempi di magra, per cui (come ciclicamente avviene) l’argomento “gestione della crisi” oggi è tornato d’attualità. L’era post-Superbonus, infatti, ha reso necessario per operatori e rivendite trovare strategie a partire dall’interno per compensare il naturale calo dei volumi, in conseguenza della mancanza di normative nazionali a supporto delle aziende.
Sebbene fosse noto da tempo che sarebbe arrivato il momento di fare i conti con la realtà, prevedendo le difficoltà attuali, di fatto per molti è stato difficile portarsi avanti, presi dal turbinio delle attività quotidiane: diverse rivendite stanno correndo solo adesso ai ripari con processi di training ad hoc che, se condotti in modo regolare, possono permettere al team dei collaboratori di esprimere appieno il proprio potenziale e raggiungere grandi risultati.
Da dove partire
Il primo punto fondamentale su cui lavorare è un’analisi condivisa dei numeri maturati, che coinvolga i venditori e i responsabili dei vari reparti: il contesto ideale potrebbe essere quello di una riunione strutturata, anche lunga, da svolgersi in un ambiente piacevole, meglio se illuminato da luce naturale che mantiene svegli e attivi.
Sarà fondamentale mostrare su un monitor i KPI (Key Performance Indicator) suddivisi per categorie merceologiche e anche per singolo venditore, affinché i partecipanti possano avere ben presenti i risultati oggettivi della loro attività, facendo anche il confronto con quanto ottenuto nello stesso periodo l’anno precedente.
In questo modo, i collaboratori avranno la possibilità di vedere nero su bianco, in un contesto “collettivo”, i risultati ottenuti, prendendo piena consapevolezza della situazione senza il rischio di prendere i numeri sottogamba o giustificare i dati in funzione del periodo. Si tratta di una fase che, dal punto di vista tecnico, ha l’obiettivo di creare un senso d’urgenza, in modo che tutti percepiscano allo stesso modo il peso del problema e la conseguente necessità di attivare immediatamente azioni straordinarie e focalizzate.
Un approccio di questo tipo crea un’energia interna, con una propulsione “a fare” superiore alla norma, che risulta un elemento chiave per generare cambiamenti importanti. Il senso di urgenza crea ritmo e tensione verso il risultato, mentre diversamente la probabilità di dire cose che le persone poi non faranno è grande.
La seconda fase cerca di dare un significato alla lettura dei numeri negativi, provando a individuare le cause della situazione. È una fase molto importante, perché permette di osservare su cosa si concentrano i collaboratori nella ricerca delle responsabilità: daranno la colpa del risultato negativo a elementi esterni o in parte a sé stessi, evidenziando quali attività avrebbero potuto essere messe in atto e non sono state fatte?
Ci saranno collaboratori che si concentreranno sulla scarsa affluenza dei clienti in rivendita, sul calo dei cantieri attivi e sulla riduzione dei volumi, mentre altri si metteranno in discussione, condividendo apertamente che probabilmente i numeri negativi sono anche dovuti alla mancanza (o presenza limitata) di azioni correttive.
Far notare alla squadra la differenza nel tipo di approccio è utile, perché in questo modo i collaboratori potranno iniziare a modificare la qualità della propria reazione all’evento; in questo modo, sarà possibile portare il team di lavoro a concentrarsi sulle proprie attività senza scaricare la responsabilità sugli elementi esterni (anche se naturalmente essi possono avere una certa rilevanza).
Brainstorming time
La terza fase è quella di ricostruzione: il team leader richiede ai collaboratori di fare proposte di attività per contattare nuovi clienti oppure valorizzare ancor di più quelli esistenti. In questa fase, la creatività è fondamentale, più della fattibilità, che può rappresentare un blocco per il brainstorming; il rischio infatti è che le persone tendano a non proporre nuove idee perché non ritenute fattibili. Quello che bisogna fare, invece, è esattamente il contrario: mettere sul piatto tante proposte per poi scremarle e verificarne la possibilità di attuazione.
Si potrebbe prevedere un modus operandi per cui ogni collaboratore condivide tre possibili azioni: basta una squadra composta da 10 persone per trovarsi ad avere 30 possibili attività, un vero e proprio patrimonio. Il risultato può essere condensato in un file di proposte, da condividere con tutti i collaboratori.
Dalla teoria alla pratica
Bisogna sempre ricordare che “le persone sosterranno solo ciò che hanno contribuito a creare”, per cui è molto probabile che per sentirsi coerenti i collaboratori facciano del loro meglio per mettere in pratica le proprie idee. È in questa fase che si procede a definire “chi fa cosa entro quando”: si tratta di un momento essenziale perché le opportunità individuate non restino solo teoria. La parte attuativa permette infatti di associare un’attività specifica a un preciso collaboratore e a una tempistica, aumentando la probabilità che l’idea venga effettivamente attuata.
A questo proposito, un’altra cosa va sempre tenuta bene a mente: perché le frasi scritte diventino realtà è fondamentale che i collaboratori imparino a gestire il tempo. I progetti nuovi andranno infatti portati avanti in parallelo con le attività di routine, per cui risulta fondamentale individuare in agenda il momento in cui occuparsi delle nuove idee. Attenzione anche a rispettare le promesse fatte a sé stessi e non procrastinare: quanto programmato va mantenuto, altrimenti si corre il pericolo di “mollare il colpo” e lasciar perdere il progetto.
L’importanza del contesto
L’idea di attuare determinate azioni e portarle a termine nasce a seguito di un contesto particolarmente stimolante: se in precedenza non sono state organizzate riunioni partecipative o i collaboratori non hanno portato avanti nuove attività, non significa che non siano capaci ma piuttosto che a mancare sia un contesto propedeutico a far nascere idee innovative e a portarle avanti con tutti i rischi del caso.
Maurizio Papa è un professionista nel settore della consulenza strategica alle aziende, attraverso percorsi di training e formazione. È da più di trent’anni che opera nel mondo delle PMI, in tutta la filiera, con una forte specializzazione nel comparto produttivo, nella distribuzione B2B e B2C, e nella vendita retail eshowroom. Ha un’approfondita esperienza in tantissimi settori merceologici.
Formatore, ideatore di un proprio metodo di training interno alle aziende, permette lo sviluppo del talento di vendita e manageriale dei collaboratori, permette un allineamento del team nei confronti della Strategia, risolve situazioni complesse all’interno delle squadre e del board. Scrive su diverse riviste specializzate di business, collabora con diverse associazioni di categoria, e docente di leadership e vendite presso università di Tor Vergata a Roma.