La silicosi è una patologia conosciuta fin dai tempi antichi, la cui prevenzione è stata regolamentata la prima volta agli inizi degli anni Quaranta. La sostanza responsabile della malattia è stata classificata come cancerogena nel 1997. Il riferimento, ora, è il testo unico sicurezza.
La silice è un materiale che prende parte a diverse tipologie di lavorazioni, tra le quali troviamo, ad esempio, la fabbricazione del vetro o il settore delle costruzioni. Si tratta di una sostanza costituita da atomi di silicio e ossigeno ed è uno dei componenti principali della crosta terrestre.
Oltre ai suoi numerosi impieghi, la silice è nota, purtroppo, anche per dare origine in alcuni casi alla silicosi, una malattia respiratoria potenzialmente invalidante che porta all’accumulo di composti polverulenti nei polmoni. I primi lavoratori considerati esposti alla silice furono i minatori già in epoca greca e romana.
La malattia fu individuata per la prima volta da Achille Visconti, un medico di Milano che nel 1871 identificò con il nome “silicosi” la causa che portò alla morte di uno scalpellino, pur essendo noto un nesso fin dall’antichità tra alcune tipologie di lavorazioni cosiddette polverose e l’insorgenza di infiammazioni respiratorie.
I primi interventi normativi sulla silicosi
Nel corso degli anni successivi a seguito delle invenzioni come il martello pneumatico e la pratica della sabbiatura, il problema della silice divenne più consistente e crebbe la sensibilità verso il tema da parte dell’opinione pubblica. In quel periodo molti lavoratori impiegati nel settore dello scavo delle gallerie si ammalarono, infatti, respirando polveri di silice in modo incontrollato. Per questa ragione, nella prima metà del ‘900 furono promulgate le prime norme per cercare di contenere il problema in particolare negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.
In Italia, il primo intervento normativo fu la legge 455 del 1943 che estese la copertura sanitaria sulle malattie lavorative anche alla silicosi. Questa norma sanciva, inoltre, che il medico del lavoro doveva stabilire l’idoneità fisica del lavoratore per la mansione svolta e che le visite mediche dovevano essere effettuate almeno con cadenza annuale. Nel 1965, è stato pubblicato il «Testo unico disposizioni per l’assicurazione» (D.P.R. n. 1124) in cui veniva definito l’obbligo di assicurazione per i lavoratori esposti a silice che avevano quindi il diritto a essere compensati da un istituto assicuratore qualora avessero contratto la silicosi sul proprio luogo di lavoro.
A livello internazionale la Iarc nel 1997 ha classificato la silice come cancerogena per l’uomo (gruppo 1) nell’ambito di esposizioni professionali in alcuni particolari settori lavorativi.
Silicosi: cosa dice il Testo Unico sulla Sicurezza (Tusl)
Attualmente l’esposizione alla silice è normata in Italia dal cosiddetto testo unico sulla sicurezza (D.Lgs. n. 81/2008), in cui al titolo IX è riportato l’elenco con le sostanze pericolose per la salute. La silice compare in questo elenco a partire dal 2008. Tuttavia, fino al 2020 in Italia non esisteva un valore massimo giornaliero di esposizione. La direttiva della Commissione europea 2017/2398 ha provveduto a colmare questo vuoto normativo definendo il limite di esposizione professionale pari a 0,1 mg/m3 per la silice cristallina respirabile. Questa norma è stata recepita dall’Italia con il D.Lgs. n. 44 del 2020 relativo alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione agli agenti cancerogeni.
Il decreto stabilisce una concentrazione limite di esposizione giornaliera per la silice cristallina respirabile, in modo finalmente del tutto chiaro e definito. Qualora si ritenga che una certa mansione esponga il lavoratore alla silice, è opportuno che il datore di lavoro e il servizio prevenzione e protezione prevedano un adeguato piano di monitoraggio al fine di verificare il rispetto del valore di esposizione giornaliero.