Serve una cultura condivisa

I risultati di un’impresa si basano su un approccio con un’ottica di qualità totale e, anche, sulla qualità della catena del valore, che coinvolge tutta la filiera (non da ultimi i clienti finali).

I risultati commerciali ed economici di un’impresa (sia essa di produzione o di distribuzione) dipendono in larga misura, evidentemente, dalla qualità dell’offerta e, soprattutto, dalla sua validità agli occhi di clienti/utilizzatori. Sul livello complessivo della qualità i customer analytics, il servizio, la personalizzazione e il Customer Relationship Management rivestono un ruolo sempre più rilevante, poiché incidono sulla customer satisfaction, sulla retention e sul consolidamento di una durevole immagine positiva dell’impresa sul mercato e presso i diversi pubblici-obiettivo.

Il riferimento è a un concetto di qualità a 360 gradi, che abbraccia e coinvolge tutte le funzioni aziendali: produzione, logistica, marketing, vendite, personale, prodotti, assortimenti e gamme, politica di prezzo, distribuzione, promozione e comunicazione.
Ma la qualità è anche strettamente legata alla qualità dell’intera catena del valore, con il coinvolgimento di tutta la filiera: dai fornitori (a monte), agli intermediari commerciali e ai clienti (a valle).

La qualità di filiera si rivela un fattore tanto più significativo e indifferibile se considerato nell’ambito dei nuovi scenari che si prospettano per il futuro, in vista della transizione green e del perseguimento degli obiettivi a essa correlati. I nuovi scenari, unitamente ai nuovi bisogni, atteggiamenti e comportamenti di consumatori e utilizzatori, richiedono alle imprese nuovi focus e punti di attenzione.

In funzione degli obiettivi aziendali e in considerazione dello scenario di mercato generale e specifico dell’impresa,

È innanzitutto una questione di metodo e di priorità.

Oggi per l’impresa è importante focalizzarsi su alcuni principali punti di interesse, nell’ambito dei quali l’approccio riveste un ruolo preponderante:

  • struttura;
  • strategia;
  • sistema impresa;
  • skills;
  • stile dell’impresa;
  • sistema di eccellenze;
  • staff.

Strategia: i capisaldi

Che cos’è “banalmente” una strategia? Una politica generale dell’impresa utile per raggiungere una determinata quantità (e un certo tipo) di obiettivi: da quelli generali e specifici a quelli qualitativi e quantitativi. In base alle classiche definizioni, il termine “strategia” sta a significare, in buona sostanza, l’arte di predisporre e condurre la guerra.

Evidentemente, in ottica aziendale, il significato di questo termine va ben oltre: oltre la contrapposizione e, di conseguenza, oltre la conflittualità. Nell’ottica del management dell’impresa in generale, e in particolare del management delle vendite, il termine “strategia” ha un’accezione molto più ampia per quanto riguarda i contenuti e gli obiettivi e, quindi, anche le politiche e le attività operative a essi finalizzate. La strategia (aziendale in generale e di vendita in particolare) deve basarsi non sulla contrapposizione, ma sulla conoscenza del terreno e dell’“avversario”, e quindi anche sull’ascolto. Come visto recentemente, la strategia di vendita e le attività a essa funzionali devono basarsi sull’informazione, sulla collaborazione, sull’orientamento al cliente e su un approccio win-win, finalizzato a generare soddisfazione per entrambe le parti in causa (siano esse aziende fornitrici e clienti, produttori e distributori, aziende del retail).

In quest’ottica, è possibile sintetizzare i principali focus e necessità per il management in alcuni punti fondamentali: l’impresa deve essere orientata al cambiamento (oggi una necessità irrinunciabile); il management deve quindi conoscere perfettamente le caratteristiche e le tendenze evolutive dell’ambiente di mercato in generale e del mercato specifico dell’impresa in particolare. Pertanto, l’analisi della situazione attuale e prospettica deve rappresentare il punto di partenza della pianificazione strategica, da cui dipendono le attività operative finalizzate agli obiettivi; la messa a terra delle linee guida strategiche per la realizzazione delle politiche non può che essere seguita dal controllo sistematico dei risultati, indispensabile per poter rettificare le strategie in funzione del conseguimento degli obiettivi.

L’impresa deve guardare al futuro e decidere le strategie di sviluppo rapportandosi al proprio mercato di riferimento (nuovo o “vecchio” che sia): intende perseguire un’espansione intensiva di penetrazione nel mercato attuale con il prodotto attuale – e cioè concentrandosi sul proprio core business – o intende espandersi, sempre nel mercato attuale ma sviluppando un prodotto (in senso lato) nuovo o rinnovato? Intende introdurre il prodotto attuale in mercati nuovi o intende diversificare sviluppando nuovi prodotti in nuovi mercati? Quali che siano i valori e le strategie di sviluppo, l’impresa sta riscoprendo la centralità del consumatore/fruitore.

Questo fa sì che la conoscenza dell’informazione e il “potere del dato” rappresentino un importante fattore di differenziazione per le imprese e, quindi, di vantaggio competitivo. La conoscenza (propria e del “nemico”) è la base essenziale per impostare rapporti fondati sulla partnership e non sulla conflittualità a tutti i costi.

Tutto questo conduce, sostanzialmente, a riscoprire la cultura e la conoscenza, intendendo per conoscenza non solo quella del mercato, dei clienti e degli intermediari commerciali, ma anche la cultura d’impresa.

La cultura e i valori d’impresa

Nell’era attuale, il successo dell’impresa si basa sulla capacità di utilizzare in modo produttivo le sue risorse e sulla capacità degli individui di inserirsi in un contesto competitivo in cui gli obiettivi non possono essere legati al solo profitto, ma devono tenere conto, oltre che delle esigenze e delle problematiche dei target, anche dell’impatto sociale e ambientale.

In quest’ottica, quali possono essere oggi i principali valori dell’impresa?

  • riprendere in esame le economie di scala (anche a livello distributivo);
  • tenere conto del valore della preservazione dell’ambiente e, quindi, della sostenibilità ambientale;
  •  tenere conto dell’ambiente sociale, delle persone e delle necessità di inclusione;
  • mantenere un comportamento etico;
  • strutturarsi e organizzarsi ai fini della trasformazione digitale
  • strutturarsi per conseguire gli obiettivi legati alla transizione green (planet, people ma anche, come sempre, profit)
  • ricercare l’eccellenza;
  • operare con organizzazioni piatte.

Oggi più che mai, ogni azienda può essere vista e vissuta – principalmente dai clienti e dai partner a monte e a valle – come un concatenamento di attività in cui ogni anello della catena aggiunge valore al prodotto finale: un “prodotto” in senso ampio perché fatto sempre più non solo di “semplici” prodotti, ma anche di servizi, utilità e benefici – diretti e collaterali – indirizzati a tutti gli stakeholder dell’azienda.

Le principali aree di valore per l’impresa risiedono quindi nei seguenti elementi:

  •  presenza sul mercato;
  • produttività;
  • profittabilità;
  • risorse fisiche e finanziarie;
  • innovazione;
  • capacità operativa e di sviluppo del management;
  • capacità operativa e di sviluppo delle risorse umane;
  • responsabilità pubblica e sociale.

Quale può essere considerato, allora, il valore aggiunto per l’impresa e per i clienti (finali e intermediari)? In un’ottica d’impresa, il valore aggiunto è senz’altro da considerarsi come la parte aggiuntiva di denaro che rimane al netto dei costi sostenuti per la produzione di un determinato prodotto/servizio; a questo deve però sommarsi un ulteriore valore aggiunto in termini d’immagine, reputazione e posizionamento di mercato: questo ulteriore valore aggiunto in gran parte deriva dall’efficacia funzionale per i clienti, dalla customer satisfaction e dalla fidelizzazione.

Nell’ottica del cliente/utilizzatore finale, invece, il valore aggiunto è dato sostanzialmente dai benefici e dalle utilità (economiche, funzionali, tangibili e intangibili anche in termini emozionali e di gratificazione) che egli trae dal bene e dal suo utilizzo. Il consumatore/utente non è ovviamente disposto a pagare all’impresa per un valore aggiunto che non gli crea benefici. Lo stesso vale, ovviamente, per i clienti business – tra cui i retailer che necessitano, oltre che di prodotti merceologicamente e tecnicamente validi in assoluto, di prodotti e gamme funzionali a costruire un’offerta adeguata alle esigenze dei loro clienti.

L’offerta è fatta dunque sempre di più di assortimenti e gamme ben calibrate e di servizi che vanno ad aggiungere valore (oltre che caratterizzazione commerciale e differenziazione sul mercato) al “pacchetto” del fornitore/distributore. In quest’ottica, per l’impresa è indispensabile strutturare l’organizzazione e le procedure necessarie a raccogliere e utilizzare i customer analytics in base a cui definire decisioni strategiche e operative, finalizzate al conseguimento dei risultati commerciali ed economici desiderati.

Per l’impresa è indispensabile strutturare l’organizzazione e le procedure necessarie a raccogliere e utilizzare i customer analytics in base a cui definire decisioni strategiche e operative, finalizzate al conseguimento dei risultati commerciali ed economici desiderati
PREPARARSI A SUPERARE GLI OSTACOLI
Nel perseguire i propri obiettivi con l’efficacia e l’efficienza strategiche e gestionali massime possibili, il management si trova di fronte a una serie di ostacoli, comprese le barriere all’entrata e, anche, le barriere all’uscita (uscire da un mercato è difficile e costoso e questi costi vanno previsti sin dall’inizio).

Tra i fattori fondamentali che non si possono sottovalutare, ci sono la conflittualità e la pressione da parte dei concorrenti tradizionali del settore e di quelli nuovi. Il caso può essere, per esempio, quello di competitor provenienti da settori affini o complementari, desiderosi di entrare nel comparto ITS per necessità di completamento e di rinnovamento dell’offerta, con l’obiettivo di soddisfare più esaurientemente le esigenze dei clienti attuali o quello di acquisire nuovi clienti. In tutto questo, bisogna anche considerare il fatto che i punti di forza, gli atout di marketing e i fattori caratteristici e distintivi dell’impresa possono avere un impatto differente nei diversi mercati: il vantaggio competitivo, infatti, non è assoluto, ma va rapportato alle caratteristiche del mercato e dei concorrenti che agiscono al suo interno, tanto più se questi si rivolgono agli stessi clienti nell’intento di soddisfare le medesime esigenze.

A prescindere dalla sua origine, l’esistenza della conflittualità non si può certo negare; perciò il management deve sempre cercare di risolverla e mai evitarla o sottovalutarla. Parlando di conflittualità, non si possono ovviamente trascurare i rapporti con i clienti intermediari, che la direzione vendite e la sua rete possono arrivare a gestire con efficacia ed efficienza a vantaggio dell’azienda grazie ad alcune fondamentali linee guida e buone pratiche (in merito alle quali si rimanda alle precedenti pubblicazioni).

Strumenti e tecniche decisionali per la risoluzione dei problemi

Di fronte alle crisi e alle situazioni problematiche, è fondamentale adottare precise tecniche decisionali – perché, ironicamente parlando, la “Delphi technique” non è certo una soluzione possibile, tanto più che l’oracolo è al di sopra delle parti e, soprattutto, manca di cognizione di causa! In funzione degli obiettivi e della risoluzione delle criticità, il management deve decidere basandosi principalmente sull’analisi dei fenomeni, a partire da tecniche mirate di problem solving & decision making.

Tra gli step fondamentali da mettere in atto si ricordano l’esame dei fatti reali e la verifica del divario fra “fatti reali” e “fatti attesi”, l’analisi dei “fatti correlati” e la comparazione tra fatti attesi, fatti reali e fatti correlati. Ma i fattori più importanti da analizzare sono i fatti-causa, cioè quelli che spiegano il verificarsi delle situazioni: richiedono precisi strumenti di analisi che vanno ben oltre le valutazioni personali, pur supportate da una raccolta organizzata di dati e informazioni.

Per la determinazione dei fatti-causa è fondamentale affidarsi a strumenti quali la curva di concentrazione, il benchmarking e l’analisi SWOT. La curva di concentrazione (ABC) aiuta a stabilire quali sono i principali fattori che hanno influenzato o generato un dato fenomeno, mentre il benchmarking serve a misurare le performance dell’azienda in rapporto alle best practice e ai KPI dei migliori concorrenti, determinando obiettivi e strategie più puntuali ed efficaci, innovando senza interventi drastici e operando con l’idea di raggiungere una qualità totale orientata al cliente anche in considerazione della proposta di valore della concorrenza.

L’analisi SWOT, infine, è uno strumento sempre valido per analizzare i punti di forza e di debolezza interni aziendali e le opportunità e le minacce provenienti dall’esterno – nonché per identificare le azioni possibili e necessarie al miglioramento dei risultati, per trovare la miglior soluzione per una particolare problematica e per sviluppare maggiormente un’opportunità o un atout aziendale.

PREPARARSI ALLA GESTIONE DELLE CRISI
In un mondo in cui i mercati sono sempre più sfaccettati e in continuo cambiamento e in cui le mutevoli esigenze e problematiche dei clienti finali e intermediari richiedono un’attenzione continua e soluzioni sempre più “su misura”, ogni azienda è potenzialmente più vulnerabile e si trova in latente rischio di crisi.

Pertanto, il management deve predisporre piani strategici che consentano di prevenire l’arrivo delle crisi globali, delle specifiche situazioni critiche e delle problematiche che ne derivano per l’azienda (così da essere in grado di fronteggiare in maniera mirata, organizzata ed efficace eventuali difficoltà). In quest’ottica, che cosa è dunque opportuno fare per il management?

  • osservare i segnali;
  • predisporre alternative di prodotto o di tecnologia;
  • agire velocemente;
  • non eccedere nella reazione;
  • restare nel proprio ambito;
  • non entrare in campi ostili;
  • prepararsi alla crisi;
  • monitorare i valori e la cultura dell’impresa e contribuire alla loro diffusione organizzata e alla loro condivisione.

La cultura d’impresa (condivisa) è fondamentale in quanto comporta la programmazione collettiva del pensiero che caratterizza l’impresa non solo per quanto riguarda la sua identità e la sua mission, ma anche in quanto gruppo di individui. Essa riguarda quindi i riti, le procedure e le routine, le storie e i miti, i simboli e gli status symbol e, ovviamente, gli obiettivi, i valori e gli indirizzi strategici. Se ben costruita e condivisa, la cultura d’impresa è essenziale ai fini della partecipazione attiva – dei singoli come dei gruppi – e alla messa in pratica di tutte le azioni coordinate necessarie alla realizzazione delle strategie e al conseguimento dei risultati.


Spunti per un’autoanalisi

Oggi le imprese devono sempre avere presente che gli obiettivi non possono essere legati al solo profitto, ma bisogna tenere conto, oltre che delle esigenze dei target, anche dell’impatto sociale e ambientale.

Le strategie aziendali sono orientate ai clienti e basate sui valori?

  • L’azienda è orientata al cliente e alla customer satisfaction con un approccio di qualità totale?
  • Questa qualità a 360 gradi coinvolge tutte le funzioni aziendali a livello strategico e operativo?
  • È legata alla qualità dell’intera catena del valore e coinvolge quindi tutta la filiera e i rapporti di distribuzione?
  • La strategia (aziendale in generale e di vendita in particolare) si basa sulla conoscenza del terreno e dell’“avversario”, e quindi anche sull’ascolto, sulla collaborazione e su un approccio win-win?
  • L’impresa è orientata al cambiamento?
  • Guarda al futuro e decide le strategie di sviluppo rapportandosi al proprio specifico mercato?
  • Quali che siano i suoi valori e strategie di sviluppo, l’impresa crede nella centralità del consumatore/fruitore?
  • L’azienda utilizza la conoscenza – del mercato, di sé e dei suoi clienti – per instaurare rapporti basati sulla partnership e non sulla conflittualità?
  • Crede, diffonde e utilizza la cultura d’impresa?
  • Gli obiettivi aziendali si basano, oltre che sul profitto, anche su nuovi valori, innanzitutto legati alle esigenze e ai benefici dei suoi stakeholder (clienti, fornitori, partner commerciali, dipendenti, territorio ecc.)?
  • L’azienda adotta un comportamento etico, considerando anche l’impatto sociale e ambientale, le persone e l’inclusione?
  • L’azienda si è strutturata in funzione della trasformazione digitale e della transizione green?
  • Ricerca l’eccellenza facendo in modo che ogni anello della catena aggiunga valore al prodotto finale?
  • Sviluppa le principali aree del valore, come presenza sul mercato, produttività e profittabilità, risorse fisiche e finanziarie, innovazione, capacità operative e di sviluppo del management e delle risorse umane, responsabilità pubblica e sociale?
  • Dispone della struttura e dell’organizzazione necessarie a raccogliere e utilizzare i customer analytics utili ai fini delle decisioni strategiche e operative finalizzate al conseguimento dei risultati commerciali, sociali ed economici?
  • L’azienda gode di un solido vantaggio competitivo e sa gestire efficacemente gli ostacoli e la pressione concorrenziale?
  • Il management delle vendite è preparato a gestire la conflittualità nei rapporti con la clientela commerciale?
  • La direzione vendite e la sua rete sono in grado di gestire con efficacia ed efficienza i rapporti di distribuzione a vantaggio dell’azienda, grazie ad alcune fondamentali linee guida e buone pratiche?
  • Il management ha predisposto piani strategici per prevenire e fronteggiare sia le crisi globali sia le specifiche difficoltà e problematiche che ne derivano per l’azienda, al fine di essere pronto a gestirle in maniera organizzata ed efficace?
  • Il management monitora costantemente i valori e la cultura dell’impresa? Contribuisce alla loro diffusione organizzata e alla loro condivisione affinché tutti partecipino alla messa in pratica delle strategie e delle azioni a esse finalizzate?
  • Di fronte alle crisi e alle situazioni problematiche, il management adotta precise tecniche decisionali?
  • Tali tecniche di problem solving & decision making si basano principalmente sull’analisi dei fenomeni e dei fatti?
  • Per determinare i fatti-causa, si fa ricorso, tra gli altri strumenti disponibili, alla curva di concentrazione, al benchmarking e all’analisi SWOTT?
  • Tali strumenti risultano utili per appurare i principali fattori che hanno generato un dato fenomeno?
  • Per misurare le performance dell’azienda rapportandole ai KPI dei migliori concorrenti?
  • Per analizzare i punti di forza e di debolezza aziendali, nonché le opportunità e le minacce esterne, e per identificare le azioni necessarie per risolvere i problemi e migliorare i risultati?
QUANTE LE RISPOSTE POSITIVE?

  • 17-24 – Analisi mirate e obiettivi precisi sostengono la pianificazione strategica dell’azienda e la gestione delle crisi; il processo strategico di analisi, pianificazione, realizzazione e controllo deve però proseguire a ciclo continuo al fine di migliorare i risultati.
  • 9-16 – Basi analitiche e obiettivi andrebbero meglio definiti allo scopo di migliorare i risultati economici e commerciali dell’azienda, soprattutto nell’ottica dei suoi pubblici-obiettivo e tenendo conto della necessità di gestire meglio le crisi e i rapporti di distribuzione.
  • 0-8 – È arduo realizzare una pianificazione strategica mirata ed efficace in mancanza di un efficace sistema informativo e in presenza di carenze a livello organizzativo e gestionale. Ma probabilmente il problema è a monte (strutturale e/o di posizionamento) e bisogna individuarne le cause.

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