Assoclima dice la sua in merito a un recente studio relativo alla decarbonizzazione dei consumi termici residenziali.
Come riporta un comunicato di Assoclima, l’Associazione ribadisce il suo intento ad ascoltare sempre con attenzione tutte le voci che contribuiscono al dibattito sulla transizione energetica, a maggior ragione se provengono da associazioni che condividono lo stesso settore di riferimento, e si sente chiamata in causa nel momento in cui vengono presentati studi, promossi da stakeholder della filiera del gas, che hanno per oggetto la decarbonizzazione dei consumi termici residenziali e che trattano ampiamente le pompe di calore elettriche.
«Abbiamo il massimo rispetto per ogni voce, ma uno studio presentato alla Camera dei Deputati lo scorso 16 ottobre evidenzia punti su cui non possiamo non esprimere la nostra posizione» dichiara Maurizio Marchesini, Presidente di Assoclima Associazione Costruttori Sistemi di Climatizzazione.
«In particolare si sostiene la tesi che, rispetto al numero degli edifici in Italia, il reale potenziale di penetrazione delle pompe di calore sarebbe molto limitato da fattori socio-demografici, dalle caratteristiche del patrimonio edilizio e dai rigidi climi di alcune zone. Tuttavia, i dati dimostrano il contrario: in Italia sono già installati circa 22 milioni di pompe di calore elettriche, di cui 3,8 milioni rappresentano l’unico dispositivo di riscaldamento presente in abitazioni, uffici e attività commerciali. Questo dimostra che gli Italiani conoscono e apprezzano i prodotti che utilizzano questa tecnologia».
Questi numeri e la “fotografia” emersa dallo studio rendono evidente come le pompe di calore abbiano un enorme potenziale perché sono soluzioni flessibili capaci di operare efficacemente anche a basse temperature esterne, altrimenti non si spiegherebbe la loro capillare diffusione in aree climatiche quali la Pianura Padana e il Nord Europa, e nelle più svariate configurazioni impiantistiche, compresi i condomini e i vecchi appartamenti con radiatori che sono perlopiù correttamente dimensionati per accogliere generatori a medie temperature. Inoltre, il progresso tecnologico ha reso possibili soluzioni impiantistiche che un tempo sembravano impraticabili.
«Riteniamo quindi che, con un’informazione corretta, i giusti incentivi e una gestione oculata del rapporto del prezzo tra energia elettrica e gas, al 2040 lo stock attivo di pompe di calore potrebbe raggiungere i 28 milioni» aggiunge Marchesini.
Lo studio sottolinea che i costi d’accesso sono una sfida per le fasce meno abbienti, ma si tratta di un problema comune a ogni tecnologia, non fosse altro che oggi praticamente per tutte si richiedono incentivi. In questo senso lo studio mette in evidenza che proprio le pompe di calore potrebbero essere le soluzioni che beneficerebbero maggiormente da incentivi mirati, selettivi e sostenibili perché questi amplierebbero in maniera sostanziale la platea dei potenziali fruitori di una tecnologia che presenta indubbiamente le prestazioni più elevate rispetto a tutte le altre.
Oggi il vero tema è il prezzo dell’energia elettrica, ancora troppo alto rispetto a quello del gas; la strada è quella di sfruttare tutte le opzioni per produrre sempre più energia elettrica rinnovabile e a un costo sempre più basso. Le pompe di calore – sostiene Assoclima – offrono le migliori prestazioni rispetto ad altre tecnologie di riscaldamento e, già con le attuali offerte del mercato libero, consentono risparmi annui tra il 23% e il 32% rispetto alle caldaie a gas, a seconda della tipologia abitativa e della zona climatica. La liberalizzazione del mercato elettrico, l’eliminazione del PUN, la crescita della quota di energia elettrica da fonti rinnovabili e l’autoproduzione da fotovoltaico non potranno che portare a un’ulteriore riduzione del prezzo dell’energia elettrica, una prospettiva impensabile per il gas, naturale o rinnovabile che sia.
Un ulteriore vantaggio riguarda l’indipendenza energetica: per riscaldare un edificio, la pompa di calore elettrica richiede da 2 a 2,7 volte meno energia primaria rispetto a una caldaia a gas, questo perché almeno 2/3 dell’energia termica necessaria sono prelevati dall’ambiente. Ciò significa che elettrificare i consumi termici con una pompa di calore riduce drasticamente il consumo di gas anche con gli attuali mix di produzione e rete di distribuzione dell’energia elettrica, contribuendo nei fatti alla progressiva maggiore indipendenza energetica del paese.
Infine – prosegue Assoclima – nel dibattito pubblico, auto e pompe di calore elettriche vengono spesso accomunate ma, a differenza delle prime, le pompe di calore elettriche sono:
- già ampiamente diffuse sia nelle applicazioni residenziali che nel terziario; essenziali per raggiungere gli obiettivi che l’Italia ha incluso nel PNIEC 2024 poiché già ora, rispetto agli attuali apparecchi basati su fonti fossili, utilizzano non meno del 70% di energia rinnovabile, riducono del 50-60% il fabbisogno di energia primaria e mai meno del 60% le emissioni di CO2;
- sviluppate e prodotte in Europa, con Italia, Francia e Germania quali nazioni con il sistema industriale più competitivo e radicato;
- in continua evoluzione grazie a nuovi refrigeranti naturali, più efficienza, più alte temperature di produzione dell’acqua calda ora accumulabile in batterie termiche compatte, unità esterne più silenziose e un’intelligenza a bordo macchina in grado di sfruttare al meglio il futuro prezzo dinamico dell’energia elettrica.
«Pluralità tecnologica significa favorire la diffusione di tecnologie in grado di fornire un contributo decisivo al miglioramento della società e dell’ambiente. La neutralità tecnologica, invocata da più parti, è un principio che non dovrebbe essere utilizzato per lasciare le cose così come sono, e in questo senso la sfida della decarbonizzazione richiede decisioni rapide e precise.
Siamo d’accordo con chi dice che l’elettrificazione dei consumi degli edifici non deve essere il fine ultimo bensì il mezzo per raggiungere la decarbonizzazione; ne siamo perfettamente coscienti, ma in maniera altrettanto convinta riteniamo che reclamare una fittizia neutralità tecnologica non debba essere la scusa per non affrontare una sfida che non si può rimandare. L’industria sempre più italiana delle pompe di calore lo chiede da tempo a gran voce per il bene dell’ambiente, delle nostre famiglie e della nostra economia» conclude Marchesini.