Impianti rumorosi, fino al 20% in meno del valore dell’immobile

LA VALUTAZIONE del rumore del chiller di un impianto di climatizzazione.

Può un impianto troppo rumoroso influire sul valore immobiliare fino a deprezzarlo? Ebbene, la risposta è sì, può. Ma vediamo con ordine la situazione. Angelo Converso (Consigliere della Corte di Appello di Torino) sottolinea in un Convegno (maggio 2000) che ogni immobile ha due valori:

  • valore di scambio;
  • valore d’uso.
Il valore d’uso consiste nel godimento diretto che il proprietario del bene può trarre dal suo uso. Poiché la fruizione del bene viene diminuita a causa delle immissioni di rumore, tale valore d’uso è scemato, dal momento che il suo proprietario trae da esso un godimento diminuito.

È proprio questa diminuzione che integra il danno patrimoniale, così come evidenziato dalla Cassazione (Sez.Un. 15 ottobre 1998, n. 10186): «L’immissione di rumore nell’abitazione priva il proprietario (o il titolare) della possibilità di godere nel modo più pieno e pacifico della propria casa e incide sulla libertà di svolgere la vita domestica, secondo le convenienti condizioni di quiete…»

Ne consegue che il diminuito uso del bene grava sul grado di utilità del bene stesso, riducendo, altresì, il valore patrimoniale: poiché in un bene (soprattutto se bene economico) non possono separarsi utilità e valore.

I requisiti acustici degli impianti
PRIMA DI INSTALLARE un impianto, in particolare se funzionante all’aperto, è necessario rivolgersi a un ingegnere specialista in acustica in grado di valutare l’impatto della sorgente sonora.

Ma quanto può incidere, sul valore dell’immobile, l’eccessiva immissione di rumore? Anche del 20%, come riportato nella tabella numero 1. Del resto i requisiti acustici sono stati definiti con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5/12/1997; tra questi requisiti si stabilisce anche il valore di immissione sonora massima ammissibile all’interno di un immobile.

I valori limite sono distinti tra impianti a funzionamento discontinuo (35 dB(A)) e impianti a funzionamento continuo (25 o 35 dB(A)) e sono parte dei requisiti igienico sanitari che concorrono a fornire al manufatto edilizio l’abitabilità per uso residenziale (o l’agibilità per usi diversi). Pertanto se mancasse uno dei requisiti acustici, ad esempio in sede di collaudo acustico condotto per la verifica della abitabilità/agibilità, potrebbe anche venir meno quest’ultima qualora non fosse tecnicamente possibile (o conveniente) risolvere il deficit acustico.

Per citare un caso concreto, la Corte di Cassazione Civile, sezione seconda, con sentenza n. 23283 del 31 Ottobre 2014 ha stabilito che hanno diritto a far interrompere le immissioni di rumore e a ottenere il risarcimento del danno (sia patrimoniale che non patrimoniale) i condomini nei cui appartamenti si propagano rumori provenienti dall’impianto di riscaldamento condominiale valutati semplicemente con il criterio della “normale tollerabilità”; pertanto non è necessario, secondo la Corte, verificare il rispetto o meno dei limiti riportati nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.) del 5/12/1997 specificatamente dedicato alle immissioni sonore provenienti da impianti interni all’edificio. La Cassazione, nella sua sentenza, ricorda che «L’art. 844 del Codice Civile è uno strumento di tutela che consente di ottenere la cessazione del comportamento lesivo» oltre al risarcimento del danno conseguente alla lesione del diritto di proprietà nonché «al risarcimento del danno non patrimoniale ove siano stati lesi i valori della persona, in particolare, della salute di chi ha il diritto di godere il bene compromesso dall’emissione». Giustamente, per la Cassazione è irrilevante la circostanza che l’impianto di riscaldamento fosse a norma e mantenuto a regola d’arte «da personale tecnico qualificato».

Valutazione preliminare dell’impatto acustico

Dunque, come si può affrontare il problema di installazione di un impianto senza correre rischi? È già tutto scritto nella legge, a partire dalla n. 447 del 29/12/1995. art. 8 comma 6 che così recita: «La domanda di licenza o di autorizzazione all’esercizio delle attività di cui al comma 4 del presente articolo (tra i quali anche gli impianti, nd.r.), che si prevede possano produrre valori di emissione superiori a quelli determinati ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera a), deve contenere l’indicazione delle misure previste per ridurre o eliminare le emissioni sonore causate dall’attività o dagli impianti ai fini del rilascio del nulla-osta da parte del comune». Ecco che quindi prima di installare un impianto, in particolare un impianto funzionante all’aperto, è necessario rivolgersi a un ingegnere specialista in acustica in grado di valutare l’impatto della sorgente sonora prevista verso i ricettori, dove per ricettori si intendono sia coloro i quali fruiscono del nuovo impianto, ad esempio coloro i quali risiedono all’ultimo piano sulla cui copertura vi saranno gli impianti, che soggetti terzi.

Visti i costi di ripristino e risarcimento danni, patrimoniali e biologici, incappare in un problema di questo tipo potrebbe costare molto caro.

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