Cambiano le priorità del mondo impiantistico

Dal ruolo sempre più importante di manutenzione e indoor air quality alla necessità di rivedere il modo di progettare: nella “nuova normalità” gli aspetti a cui dare la precedenza sono mutati, anche per il settore its.

Da dove cominciamo? I tre mesi di lockdown hanno prodotto disagi logistici e problemi di liquidità, ma ora la situazione è cambiata: il mercato si muove, anzi, per certi versi si agita sia per motivi fisiologici e cioè il recupero del tempo perduto, normalmente utilizzato per mettere a punto gli impianti in vista dell’estate sia per ragioni contingenti, ma decisamente importanti. La qualità dell’aria è diventata una priorità assoluta e non solo, gli incentivi “maggiorati” aprono una stagione in cui impianti piccoli e grandi potranno essere oggetto di migliorie interessanti.

Manutenzione in primo piano

Iniziamo da dove eravamo stati interrotti, da tutti quei lavori “non fatti” causa Covid che comunque devono essere svolti e stavolta forse con più cura: parliamo di quella manutenzione che all’inizio della stagione estiva porta al riavvio di impianti di climatizzazione, ventilazione e condizionamento. Il raffrescamento, il beneficio più atteso e desiderato nel periodo delle temperature più alte, mai come quest’anno è collegato a ragionamenti e interventi che rimettono in funzione macchine e strumenti secondo criteri più impegnativi e stringenti, che introducono la variabile igienica e di salubrità nel campo delle attività da eseguire.

Così, rimettere in funzione anche semplicemente un monosplit o un piccolo sistema di ventilazione meccanica ha comportato una presa in considerazione dello stato di pulizia degli elementi, sia di quelli esterni sia di quelli interni all’ambiente, ma non solo: la sostituzione dei filtri è diventata una prassi meno faticosa da proporre ai clienti, anche in ragione della pressione psicologica che tutti i possessori di impianti in ambienti non domestici (pensiamo a negozi e uffici) hanno subito dai media e dagli influenzatori più autorevoli, a cominciare dall’Istituto Superiore di Sanità. Il quantitativo di lavoro da svolgere è stato importante e continua a esserlo: fan coil da mettere a punto, anche su questi filtri da sostituire, controlli sulle unità esterne che hanno incluso oltre alla funzionalità da sempre oggetto di attenzione anche questioni che l’attualità ha portato a riconsiderare, come la posizione di bocchette di presa, lo stato di pulizia delle unità ventilanti e via discorrendo.

Un lavoro non semplice da un certo punto di vista, perché ha introdotto elementi di valutazione e prassi operative poco consuete, ma ha generato anche un’attenzione più completa agli elementi che determinano la qualità dell’aria indoor, una leva di intervento che oggi installatori e manutentori possono usare senza tema di essere tacciati di intenti commerciali, anzi, più che ragionevolmente possono proporre incrementando il valore della professionalità offerta.

La centralità dell’Indoor Air Quality

Certo, le regole del gioco non sono ancora tutte scritte e le posizioni di chi dovrebbe produrre linee di indirizzo metodologiche sono ancora in fase di formulazione: il dibattito sulla ventilazione meccanica controllata, sul ricircolo e sugli impianti a tutta aria è apertissimo e solo di recente è emersa con tutta evidenza la possibilità che il virus sia aerodisperso con la conseguenza che ricircolare l’aria significa aumentare la concentrazione nei volumi d’aria a disposizione di chi occupa l’ambiente. Che questo comporti una riflessione progettuale, installativa, manutentiva e gestionale degli impianti non è più un nostro auspicio, è una necessità di fatto, ma anche qui il lavoro è in fieri, perché sia dal punto di vista teorico, sia dal punto di vista pratico non si sono ancora definite linee guida precise. Non dimentichiamo però che – finalmente – l’impianto di climatizzazione è stato riconosciuto come un elemento che può contribuire non tanto e solo al benessere combinato costituito da temperatura piacevole e umidità corretta, ma da un terzo elemento che riteniamo sempre più centrale e non solo in funzione della vicenda Covid, l’Indoor Air Quality che qualcuno comincia addirittura a chiamare qualità sanitaria dell’aria indoor. Quindi la manutenzione quest’anno non è stata ordinaria e – se ci è permesso l’auspicio – ci auguriamo che diventi ordinaria questa straordinarietà, questa cura di dettagli che fino a poco tempo fa la presunzione di non correre rischi o essere danneggiati dalla mancata attenzione a questi aspetti ci portava a trascurare.

Il quadro che disegniamo ha visto anche una crescita esponenziale di offerte di servizi di sanificazione, un tema che è sicuramente importante e che ha comportato qualche equivoco, come quello prodotto da alcuni annunci pubblicitari “ingannevoli” che inducevano a pensare che la sanificazione fosse materia da impresa di pulizie. Nossignore, la sanificazione degli apparecchi è una competenza di chi sa mettere le mani su una macchina o su un impianto, non di chi pulisce superfici ed elementi collocati all’interno dello spazio confinato. E se la sostituzione di un filtro è di competenza di un manutentore, a rigor di logica dovrebbe esserlo ancor più la pulizia, l’igienizzazione e la sanificazione, anche solo per sensibilità nei confronti di tutti quegli elementi elettrici e meccanici che costituiscono lo strumento di climatizzazione e che non possono essere visti come semplici oggetti da sanificare. Quindi anche in questo settore lavoro ce n’è stato e a tendere ce ne sarà, soprattutto in quel contesto di esercizi pubblici, spazi di lavoro e ambienti commerciali dove la sanificazione degli impianti è diventata una specie di requisito rassicurante per la clientela per accedere con tranquillità, bere un caffè o consumare un pranzo, acquistare un abito o svolgere una riunione di lavoro in condizioni di sicurezza.

Ambienti come gli ospedali sono diventati dei clienti martellanti delle prassi di sanificazione, ma a tendere questo vale anche per farmacie, ambulatori, luoghi di cura e di degenza anche fuori dal circuito degli ospedali propriamente detti e se pensiamo alla vicenda delle RSA in Lombardia, possiamo semplicemente capire che il volume di interventi per mettere in condizioni di funzionamento igienico gli impianti è destinato a crescere sempre di più vista l’evidenza del problema e il rischio di contestazioni in sede giudiziaria di comportamenti incuranti. Altrettanto vale per i luoghi di lavoro nel settore dei servizi: palazzine uffici, grandi centri direzionali e altre strutture di questa tipologia dovranno essere messe “in sicurezza” prima che si allenti l’escamotage dello smart working che tanti aspetti positivi ha avuto nel momento del lockdown, ma che sta creando difficoltà crescenti (pensiamo alla vera e propria scure abbattutasi sull’indotto che la presenza in ufficio generava, in particolare nel settore della ristorazione) e che studi medici cominciano a non considerare più così sano se praticato in maniera ininterrotta.

Rivedere gli impianti esistenti

Il problema in queste situazioni si pone una forma più strutturata e impegnativa, perché le recenti prese di posizione dell’Istituto Superiore di Sanità e di AICARR riguardo all’uso degli impianti di ricircolo mette in campo una consistente spinta a scegliere la ventilazione meccanica controllata solo come strumento di contenimento della dispersione dell’energia termica prodotta per ottenere la temperatura. Tutto il tema del ricircolo come dicevamo prima è sempre più oggetto di dubbi, perplessità e questo comporta che chi ha realizzato strutture impiantistiche impostate su questa metodologia debba studiare soluzioni anche con tecnologie innovative come quelle di sanificazione attiva per ridurre l’impatto e l’effetto incrementale di presenza microbiologica e chimica di inquinanti e contaminanti che il semplice riuso dell’aria generava. Da qui necessità di rivedere impianti esistenti, di calibrarne diversamente il funzionamento, di impostare programmi di manutenzione in linea con le esigenze portate alla luce dalle vicende di questa primavera.

Si riparte anche con i nuovi incentivi

E poi la ripartenza ha anche un altro versante che si è da poco concretizzato, quello costituito dai nuovi incentivi, il Superbonus del 110% che la conversione in legge del Decreto Rilancio ha reso effettivo. Un argomento delicato nei suoi aspetti di dettaglio, sia tecnici sia amministrativi, ma che pone di nuovo al centro la dimensione impiantistica come uno degli assi fondamentali su cui costruire l’efficienza energetica di un edificio. La pompa di calore è stata considerata insieme al cappotto termico la leva chiave del miglioramento di due classi energetiche necessario per accedere a questo incentivo davvero premiante, che ha superato grazie alla possibilità di cessione del credito a terzi compresi gli intermediari finanziari i timori che lo sconto in fattura aveva generato un anno fa presso i piccoli operatori, in difficoltà a farsi carico di crediti di imposta che superavano la loro capienza fiscale. Certo, l’argomento comporta la necessità di proporsi al mercato in maniera integrata, con chi lavora alla riduzione del costo primario dell’energia (installatori di pannelli fotovoltaici o di sistemi geotermici) e con eventuali partner trainati nel team ma funzionali al raggiungimento dell’obiettivo di efficienza, come i serramentisti o i posatori di pavimenti radianti, ma il terreno è sicuramente aperto, anche per un’osservazione che viene dal mercato immobiliare: la prospettiva di poter finanziare i lavori di ristrutturazione almeno in parte con il Superbonus sta facendo crescere l’interesse per unità immobiliari da riqualificare, un mercato che stimola anche i piccoli operatori che faticherebbero ad inserirsi in operazioni di efficientamento su supercondominii o altri immobili di grandi dimensioni. La situazione ha le caratteristiche per essere vissuta come positiva, comunque interessante dal punto di vista della quantità di lavoro disponibile per i nostri lettori: l’auspicio è che incentivi e impulsi tecnici nella direzione della sicurezza collaborino a tenere attivo un settore come il nostro, quanto mai centrale in un momento in cui l’aria e la sua qualità sanitaria sono temi d’attualità quotidiana.

di Marco Oldrati