Nel caso in esame, una condomina citava in giudizio altri condomini affinché venissero condannati alla rimozione dei contatori di luce e gas installati sul muro condominiale in quanto destinati a servire non l’appartamento ubicato nell’edificio condominiale ma un altro appartamento adiacente di proprietà dei convenuti. Riteneva infatti illegittima l’ubicazione di tali contatori in assenza di consenso da parte del condominio in quanto costitutiva di servitù.
All’esito dei due gradi di giudizio che hanno visto vittoriosa parte attrice è intervenuta la Corte di Cassazione la quale, confermando quando statuito dai precedenti giudici hanno confermato l’illegittimità dell’installazione dei contatori in quanto, essendo destinati all’utilizzo di un altro immobile esterno al condominio, non poteva applicarsi la disciplina dell’utilizzo delle parti comuni ex art 1102 c.c.
Ha infatti rilevato che:
“l’esercizio della facoltà di ogni condomino di servirsi della cosa comune, nei limiti indicati dall’articolo 1102 c.c., deve esaurirsi nella sfera giuridica e patrimoniale del diritto di comproprietà sulla cosa medesima e non può essere esteso, quindi, per il vantaggio di altre e diverse proprietà del medesimo condomino (e nell’impugnata sentenza non si fa alcun riferimento al vano cucina, non essendo influente tale accertamento, risultando invece determinante il peso imposto sul muro comune a favore di una proprietà esclusiva, perché in tal caso si verrebbe ad imporre una servitù sulla cosa comune, per la cui costituzione è necessario il consenso di tutti i condomini, nella specie non intervenuto”.
(cass. Civ. sent. n. 38087/2022).