Il valore del trasporto intermodale

Il valore del trasporto intermodale e della logistica è strettamente connesso al livello di professionalità espresso dagli attori coinvolti nella catena distributiva, alla qualità degli asset utilizzati per erogare i servizi, ma anche al livello di professionalità e capacità delle risorse umane di trovare sempre e comunque una soluzione alle esigenze della committenza, in altre parole nel rispondere alla “cultura del servizio”.

In questo quadro generale, il trasporto combinato strada – rotaia e più in generale l’intermodalità ha rappresentato e rappresenterà nei prossimi anni, una formidabile soluzione per trasferire le merci in modo efficiente, sicuro e nel pieno rispetto dell’ambiente all’interno del territorio nazionale ed europeo. Nei periodi precedenti e successivi alle diverse fasi di lockdown che si sono susseguite nel corso degli ultimi mesi ha fornito un supporto prezioso alle attività produttive e commerciali anche considerate “non essenziali”, garantendo la mobilità delle merci. In sintesi, una alternativa concreta per trasportare grandi quantitativi di merce, evitando qualsiasi blocco del trasporto grazie all’impiego della ferrovia e di superare le difficoltà di attraversamento dei confini da parte dei mezzi stradali.

In particolare, nelle spedizioni internazionali l’intermodalità sta rivestendo un ruolo strategico nel risolvere molti dei problemi instauratesi nella mobilità delle merci a causa della emergenza sanitaria. Questa tecnica di trasporto necessita di personale limitato e facilmente controllabile dal punto di vista sanitario, ha rappresentato un ottimo modo per trasportare grandi quantitativi di merce evitando qualsiasi blocco del trasporto ferroviario; le difficoltà derivanti dall’attraversamento dei confini mediante trasporto stradale hanno convinto molti clienti a ricercare soluzioni intermodali terrestri: proprio per questo motivo i servizi intermodali transalpini hanno registrato un incremento delle richieste fino al 70%. Un ulteriore problema generatosi durante il primo periodo di “lockdown” ha interessato i container in arrivo da Paesi overseas che non potevano essere consegnati alle aziende destinatarie che per alcuni settori sono rimaste chiuse per diverse settimane. La soluzione è stata quella di organizzare il trasferimento dei container a mezzo di treni speciali destinati ad alcuni piazzali di stoccaggio nel retroterra in tesa della riapertura delle aziende.

La concezione di trasporto intermodale

Il trasporto intermodale è un approccio innovativo al sistema dei trasporti e non va, invece, inteso come nuova tecnica di trasporto. Da letteratura, il concetto di intermodalità nasce negli anni ’50 del precedente secolo, ma una prima sperimentazione venne condotta prima durante la Seconda Guerra Mondiale quando i militari statunitensi, per sistemare e spostare la merce, si munivano di apposite basi in legno sopraelevate, i famosi pallet. Ma questo non fu il vero inizio dell’epoca del trasporto intermodale nonostante l’esistenza di un presupposto. Per giungervi si dovette attendere la seconda metà degli anni ‘50 quando, un imprenditore statunitense del settore dei trasporti, Malcolm McLean, ebbe l’intuizione di imbarcare l’intero camion sulla nave al posto di trasbordare la merce dal proprio mezzo alla nave. Nacquero così i container, semplici casse metalliche ma in grado di offrire prestigiosi vantaggi. Nel 1967 la International Organization for Standardization sancì il modello standard dei container, il container ISO: dotato di una larghezza di 244 cm., un’altezza di 259 cm. e una lunghezza di 620 o 1.220 cm. (ossia le unità di container più conosciuti da 20 e 40 piedi) e caratterizzato da un sistema di codifica denominato check-digit che ne consente una rapida identificazione. Con il passare del tempo e la modernizzazione del sistema trasportistico, ai classici container si sono andati aggiungendo altre tipologie di container ISO. L’obiettivo del trasporto intermodale è principalmente quello di ridurre gli spostamenti su gomma, contenendo i costi di trasporto, massimizzando l’efficienza del trasporto e riducendo le emissioni inquinanti.

Il termine “intermodale” può essere confuso con “multimodale” che indica l’organizzazione di una spedizione con l’utilizzo di due o più modalità di trasporto con una rottura di carico (trasbordo fisico della merce) nel passaggio da una modalità alla successiva.

Quando si parla di forme di intermodalità si fa riferimento a due macrocategorie: l’intermodalità marittima e l’intermodalità terrestre.

Nell’intermodalità marittima, l’unità di carico o container marittimo viene spedito via nave da un terminal di partenza ad uno di destino. La nave portacontainer può effettuare un servizio di trasporto dei container diretto da porto a porto, oppure offre un servizio di navigazione con transhipment (trasbordo del container da una nave portacontainer o nave oceanica a una nave di minori dimensioni chiamata “feeder”, in modo tale da raggiungere porti secondari con ridotte capacità di approdo).

L’intermodalità terrestre, invece, si articola in tre tipologie: trasporto terrestre dei container marittimi, trasporto combinato strada-rotaia e trasporto combinato strada-mare.

Il trasporto intermodale terrestre dei container è una forma di intermodalità che collega un terminal container marittimo con un in-land terminal o viceversa.

Il trasporto combinato strada-rotaia e combinato strada-mare prevedono l’utilizzo di container terrestri, casse mobili e semirimorchi intermodali) per spedizioni in ambito terrestre e comunque con origine e destinazione solitamente in ambito geografico europeo.

Caratteristiche dell’equipment intermodale

In linea generale, la scelta dell’equipment intermodale dipende dalla tipologia di merce da trasportare. Per i “General Cargo” (merce unitizzata in pallet, colli, fusti, casse, etc. che necessita di un’unità per essere trasportata e la cui movimentazione avviene a mezzo di gru tradizionali con supporto di personale di stiva e di banchina) vengono utilizzate due tipologie di UTI (Unità di Trasporto Intermodale) e precisamente: i trailer o semirimorchi intermodali e le casse mobili.

La differenza tra le due tipologie si può riassumere elencando i vantaggi e gli eventuali svantaggi di entrambe. Il semirimorchio è in grado di offrire maggiore flessibilità per le trazioni stradali ed eventuali cabotaggi intermedi, è più performante in termini di capacità di carico utile e offre maggiori semplificazioni per le trazioni terminalisti. Gli svantaggi di tale mezzo sono proprio i costi relativi all’acquisto, alla manutenzione, alla gestione e agli oneri amministrativi (quali tassa di proprietà, collaudi e l’iscrizione all’Albo Autotrasportatori in conto terzi).

L’alternativa, la cassa mobile consente lo stoccaggio in spazi minori nelle aree attrezzate presso i terminal ma non è sovrapponibile. In alcuni casi è dotata di alcuni supporti di stazionamento per essere svincolata dal mezzo dall’unità di movimentazione, ha una minor tara rispetto al container ma necessita anche di un equipment stradale idoneo al suo trasporto.

Per questi motivi, un operatore intermodale focalizzato sull’attività da autotrasportatore preferirà utilizzare i semirimorchi i quali consentono una migliore sinergia tra le diverse tipologie di trasporto; al contrario un operatore specialista del trasporto intermodale avrà maggiore propensione all’utilizzo delle casse mobili furgonate o telonate.

Per le merci ad alto peso specifico (come per esempio i prodotti siderurgici) vengono utilizzate le casse mobili da 30 piedi in modo tale da ridurre la tara dell’unità a tutto vantaggio della portata utile di carico; mentre per le altre merceologie vengono usate le casse mobili da 13,60 metri, le quali risultano utili quando il trasporto richiede una capacità di carico superiore (26,5-29 tonnellate).

I presupposti per l’utilizzo dell’intermodalità

Le condizioni di base per rendere economicamente e tecnicamente sostenibile il trasporto combinato strada-rotaia, rispetto alle altre modalità di trasporto e precisamente:

– la tratta ferroviaria deve avere una percorrenza minima che consenta il corretto ammortamento del treno e sia concorrenziale nei tempi rispetto al trasporto stradale e questo normalmente avviene oltre i 700 Km;

– i flussi di merci devono essere quantitativamente importanti, costanti e bilanciati in entrambe le direzioni, in modo da sfruttare le capacità di trazione dei locomotori e la disponibilità dei carri ferroviari;

– la rete ferroviaria deve garantire la circolazione di convogli con standard europei;

– la presenza nei luoghi di partenza e di arrivo di infrastrutture terminalistiche efficienti e dotate di sistemi di movimentazione rapidi e buone connessioni con la viabilità stradale, in modo da garantire il massimo efficientamento delle trazioni terminali stradali nelle operazioni di presa, consegna e ricarico delle merci.

I vantaggi e gli svantaggi del trasporto combinato

In estrema sintesi i vantaggi sono:

– garantisce minori rischi di eventuali danni e/o rotture, rispetto alle soluzioni di trasporto plurimodali, grazie all’assenza di manipolazioni della merce durante il trasferimento della medesima che rimane all’interno di una unità di carico;

– garantisce una maggiore capacità di carico (di 3 – 4 tonnellate) rispetto al trasporto stradale;

– viaggia con qualsiasi condizione meteo, anche il sabato e la domenica senza alcuna limitazione come avviene per i camion nelle festività, limitazioni al traffico o i divieti e/o restrizioni normative;

– riduce le emissioni ambientali e acustiche e la congestione sulla rete stradale e autostradale;

– mantiene tariffe stabili per l’intero anno solare;

– assicura una maggiore sicurezza nel trasporto di merci ADR pericolose;

– una maggiore flessibilità: consente di trasportare merci di ogni genere grazie alla standardizzazione delle unità di carico;

– costanza delle condizioni tariffarie: garantisce tariffe stabili per l’intero anno solare (rappresentando un vantaggio per i prodotti di basso valore che hanno forte incidenza dei costi logistici);

– maggiore sicurezza per le merci ADR (accordo europeo che regola il trasporto di merci pericolose);

– tutela dell’ambiente – sostenibilità: riduce le emissioni di anidride carbonica fino al 65% rispetto al trasporto su gomma, attestandosi come una delle tipologie di trasporto più ecologiche e con un minor impatto sull’ambiente.

Gli svantaggi invece sono:

– una maggiore complessità organizzativa e rigidità nella programmazione degli ordini di spedizione;

– la necessita da parte delle aziende caricatrici di una maggiore precisione nella pianificazione e organizzazione delle operazioni di carico e scarico delle merci a magazzino;

– l’aumento del transit time di consegna rispetto alla soluzione stradale (in media 1-2 giorni in più);

– ultimo, ma non meno importante la necessità di organizzare le trazioni terminali stradali a partenza ed a destino con una percorrenza non superiore ai 150 chilometri, per non compromettere la competitività generale di questa soluzione di trasporto.

Le tipologie di unità di carico del trasporto intermodale

Esistono differenti tipologie di unità di carico con differenti caratteristiche in funzione della tecnica di trasporto intermodale terrestre o marittima e dell’utilizzo a cui sono destinate. In generale le unità di carico seguono le linee guida della classificazione dell’intermodalità, infatti si possono dividere in due segmenti: unità di carico per l’intermodalità marittima e quelle per l’intermodalità terrestre. L’intermodalità marittima ha dato origine al container mentre quella terrestre generato le “unità di carico del ferroutage” ma entrambe hanno avuto origine dal trasporto stradale: sia il container marittimo che le unità di carico del ferroutage sono un’evoluzione concettuale e tecnologica del semirimorchio stradale, poi trasferito via mare e/o su rotaia.

Il container è la soluzione usata più frequentemente nel trasporto intermodale e una delle più economiche. Si possono suddividere in:

– container ISO marittimo: si tratta di un contenitore in acciaio in grado di trasportare enormi quantitativi di merce. Alle estremità superiori si trovano i “blocchi d’angolo”, punti equilibrati di aggancio per la movimentazione a mezzo gru. I container si differenziano per le misure: l’unità-base del sistema modulare ISO è il cosiddetto box-container da 40’ (40 piedi), da qui ne derivano quello da 20’ e 45’, e i meno comuni da 30’ e 10’ ma si differenziano anche per tipologie: esistono i container Box, i container High Cube, i container termici (Reefer), gli Open-Top, i Flat-rack, i Dry-Bulk Container e i Tank container.

Ogni container di norma è numerato e registrato con undici caratteri alfanumerici: 4 lettere (delle quali le prime 3 corrispondono alla sigla della compagnia proprietaria) e 6 numeri, seguiti da un numero finale di controllo;

– il container terrestre: sono le unità di carico destinate alla intermodalità terrestre e soddisfano le specifiche richieste per le modalità di trasporto stradale e ferroviaria. Questa tipologia è stata studiata appositamente per abbinare le caratteristiche strutturali del container marittimo alle dimensioni delle casse mobili, in modo tale da ottimizzare e sfruttare al massimo il volume utile di carico. Si differenziano dal container marittimo sostanzialmente per le dimensioni, infatti le unità terrestri hanno dimensioni e capacità di carico molto simili a quelle dei mezzi stradali e  da ultimo consentono lo stivaggio in larghezza nel vano di carico di due euro pallet affiancati da 120 centimetri di lunghezza (non fattibile nei container marittimi che hanno una larghezza interna utile di 2,36 metri).

il container aereo: tipologia di contenitore adatta al trasporto per via aerea; non ha dimensioni standard perché è studiato ad hoc per ogni singolo aeromobile;

– il semirimorchio o traler: è un mezzo che può essere sollevato per intero, insieme a telaio e carrello gommato, da alcune gru specializzate e poi caricato sui carri ferroviari;

– la cassa mobile: è un’attrezzatura normalmente associata a veicoli stradali che ha la particolarità di essere separabile dal telaio del camion o del rimorchio per essere trasferita su altri mezzi di trasporto, ma al contrario dei container marittimi e terrestri non è impilabile.

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