Nel caso in esame alcuni soggetti proprietari di alcune unità abitative citavano in giudizio un’associazione culturale che utilizzava alcuni dei locali adiacenti agli appartamenti degli attori, affinché fosse condannata a cessare l’attività musicale quanto meno nelle ore notturne, ritenendo come le immissioni acustiche superassero il limite di tollerabilità.
Dopo i primi due gradi di giudizio, l’associazione ha proposto ricorso in cassazione. La corte investita della vicenda, confermando l’orientamento maggioritario, ha affermato che: “in tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 6 ter del d.l. n. 208 del 2008, conv. con modif. dalla l. 13 del 2009, per cui resta valido il criterio comparativo che fa riferimento al disposto dell’art. 844 cod. civ., dato che il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (cd. criterio comparativo), sicché la valutazione diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale, appropriatamente e globalmente considerata (Cass. Civ. ord. n.25975/2023).