Il sogno realizzato di un’azienda “pensante”

TUTTA la squadra Intec

A Firenze, da oltre vent’anni, Intec srl si propone quale general contractor nell’impiantistica, il cui obiettivo è essere padrona della tecnologia su cui lavora.

Siamo nella zona di Novo­li, in Via Tagliaferri, dove ha sede il quartier gene­rale di Intec, specializzata in im­pianti tecnologici per l’industria e il civile, con soluzioni che van­no dalla progettazione alla rea­lizzazione di impianti meccanici ed elettrici. Abbiamo incontra­to il suo fondatore, l’Ing. Rober­to Travagli, che ci ha raccontato la sua esperienza

Come nasce INTEC e la sua mission di azienda “pensan­te”? 

ING. ROBERTO TRAVAGLI, Intec

«Ho fondato questa azienda nel 2002, è la realizzazione di un sogno. Tutto ha avuto inizio quando ero ancora un bambino: all’età di undici anni mio zio mi fece vedere una centrale termi­ca e rimasi colpito da tutte quel­le luci accese. In quel momento decisi che quella sarebbe sta­ta la mia strada.

Nel 1986 ho ini­ziato a lavorare alla IN.TEC srl dell’Ingegner Paganelli di Pra­to, poi dal 1987 al 1995 sono stato dipendente di SIME, stori­ca azienda fiorentina, ed è qui che ho iniziato a sviluppare l’i­dea di un’azienda mia, struttu­rata e “pensante”, padrona del­la tecnologia su cui lavora. Arri­viamo così alla nascita di INTEC srl, un’azienda di impianti con l’obiettivo di porre il cliente da­vanti a un unico interlocutore, dal preventivo, all’installazione, alla manutenzione».

Come siete organizzati? 

«Attualmente siamo in cresci­ta, anche dal punto di vista del personale. In tutto possiamo contare su una sessantina di di­pendenti, anche se si arriva fi­no a un centinaio con i terzisti, necessari per il completamen­to dell’opera nel suo complesso. Siamo organizzati con la pre­senza di un ufficio tecnico cen­trale, un ufficio acquisti, l’ammi­nistrazione e due reparti, uno per le nuove realizzazioni e l’al­tro per le manutenzioni; abbia­mo anche un comparto inter­no dedicato ai quadri elettrici.

La progettazione si avvale sem­pre più spesso della piattafor­ma BIM, che ci permette di svi­luppare progetti tridimensiona­li che possiedono tutti i dati tec­nici utili a facilitare la realizza­zione dell’impianto, soprattutto quelli più importanti, come l’O­NU di Ginevra. Il nostro fattu­rato si attesta tra gli 8 e i 9 mi­lioni di euro l’anno, ma possia­mo dire che un 80-85% viene riversato sul territorio fiorenti­no, considerando i dipendenti, i rapporti con le aziende terze e con tutti i nostri principali forni­tori di materie prime».

Tanti e prestigiosi i lavori con­clusi e molti quelli in corso. Ce ne vuole indicare qualcuno? 

«Tra i lavori eseguiti vorrei ricor­dare gli impianti a Firenze per il Museo dell’Opera del Duomo, per il Polimoda nell’ex Manifat­tura Tabacchi e la sede di Uni­pol-Sai; a Pisa per Fondazione dopo di Noi. Tra le nuove com­messe, invece, i lavori per il rifa­cimento della centrale frigorife­ra del palazzo dell’ONU a Gine­vra, i lavori per l’edificio storico di Arcetri la Torre del Gallo e gli impianti di ultima generazione per la Tenuta Suvereto a Bibbo­na, che prevede anche opere di urbanizzazione».

Intec è molto impegnata an­che sul territorio a livello so­ciale… 

«Una parte del bilancio è impe­gnata nello sport e nel socia­le: di recente abbiamo finanzia­to un mezzo di trasporto per la Fratellanza Popolare. Ad Ama­trice, la cittadina colpita dal ter­remoto, abbiamo fatto la nostra parte, dando il nostro contribu­to per il rifacimento della scuo­la, insieme ad altre realtà come Coop, che aveva lanciato l’ini­ziativa. Questi sono solo alcuni esempi del nostro costante im­pegno nel sociale».

Consigli da dare ai giovani che vogliono avvicinarsi a questa professione? 

«Il nostro è un lavoro estrema­mente creativo, poiché costrui­re un impianto o progettarlo si­gnifica “dare luce o dare aria”, un’attività che sta diventan­do sempre più importante per il benessere, per aumentare il comfort nella vita quotidiana. Perché qualcuno dovrebbe sce­gliere questo lavoro? Perché si vede nascere un impianto. È come costruire pezzo per pez­zo un motore. Si parte con pezzi minuti e piano piano si vede na­scere l’impianto, che è invisibile ma fa funzionare il tutto. Si par­te dalla progettazione, che uni­sce creatività e tecnica: alla fi­ne, un lavoro realizzato dà gran­de soddisfazione. Per noi è mol­to importante anche la manuali­tà, pur utilizzando le tecnologie più all’avanguardia nel nostro settore».

Cosa vede nel futuro di Intec?

«Vedo un’azienda che si con­soliderà e farà scuola, avrà le competenze e darà competen­ze: quello di cui ho beneficiato io quando lavoravo da SIME. Ci vedo un futuro, un’azienda che non sarà familiare. L’intento è di strutturarla per farla durare. È stata la realizzazione di un so­gno in cui “tutto è possibile”, ed è destinata a proseguire la sua storia nel tempo».