Nella fattispecie in esame, la società Alfa, condomina e proprietaria di alcune unità abitative, citava in giudizio il condominio al fine di chiedere il risarcimento danni per il diniego di autorizzazione all’utilizzo delle parti comuni, in particolare degli impianti di acqua, luce, gas, citofono, antenna TV e fognature, il cui allacciamento alle unità abitative implicava lo scavo del cortile interno condominiale e l’interramento di cavi e tubazioni.
Il tribunale ha respinto la domanda attorea, di contro la corte d’appello ha accolto le richieste evidenziando che alfa era una condomina e aveva diritto ad utilizzare la cosa comune. Proposto ricorso in Cassazione, il giudice di legittimità ha affermato che: “il comproprietario di un cortile può porre nel sottosuolo tubature per lo scarico fognario e l’allacciamento del gas a vantaggio della propria unità immobiliare, trattandosi di un uso conforme all’articolo 1102 c.c., in quanto non limita, né condiziona, l’analogo uso degli altri comunisti”.
In altri termini, non ricorre l’ipotesi di una servitù ma quella di un uso del bene comune ex articolo 1102 c.c., e la differente sussistenza fra le due fattispecie costituisce un accertamento di fatto, come tale non censurabile in sede di legittimità se non nei limitati confini di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
D’altro canto, in tema di Condominio, l’allaccio di nuove utenze ad una rete non costituisce di per sé una modifica della stessa, perché una rete di servizi – sia fognaria, elettrica, idrica o di altro tipo – è per sua natura suscettibile di accogliere nuove utenze; sicché è onere del Condominio, che ne voglia negare l’autorizzazione, dimostrare che – nel caso particolare – l’allaccio di nuove utenze incida nella funzionalità dell’impianto, non potendo – peraltro opporre che il divieto all’allaccio sia finalizzato ad impedire un mutamento di destinazione della unità immobiliare.
(cass. Civ. sent. N. 29621/2022)